BRUCE SPRINGSTEEN
Only The Strong Survive Columbia
Sedici anni fa il Boss si era già cimentato in un album di cover, scegliendo di realizzare We Shall Overcome: The Seeger Sessions, un disco tributo a Pete Seeger, celebrando l’anima folk rock che da sempre l’ha ispirato. Oggi Bruce decide di rendere giustizia all’altra grande musica ispiratrice della sua carriera musicale, dedicando un disco all’universo della soul music, genere musicale che imperversava ai tempi della sua gioventù e che indubbiamente ha sempre amato e apprezzato. Bruce ha quindi scelto una manciata di brani da lui amati, che ripercorrono la storia del soul, dal Detroit sound al Philly sound passando per il Memphis Soul, e li ripropone qui reinterpretandoli con il suo stile ormai supercollaudato. Bellissima la scelta di coverizzare la mitica Do I Love You di Frank Wilson, primo singolo tratto dall’album, 7 pollici pubblicato dalla Motown di Berry Gordy e passato completamente inosservato per diventare negli anni ’70 il più grande classico del Northern soul e oggi il 45 giri più ricercato al mondo. Altrettanto lodevole è la riproposizione di altri classici come Nightshift dei Commodores senza Lionel Ritchie, I Wish It Would Rain del duo di autori della Motown Whitfield-Strong e portata al successo dai Temptations, Hey Western Union Man di Gamble e Huff, le menti di quel suono che trasformò Philadelphia nella capitale del soul negli anni ’70, portata al successo da Jerry Butler e il classico di Ben E. King Don’t Play That Song. Per chi, come me, adora la soul music, tutti i brani di questo disco sono splendidi capitoli di un periodo musicale straordinario e per certi aspetti irripetibile. Meritano quindi una citazione anche gli omaggi ai mai troppo apprezzati Four Tops, qui citati con due loro successi, 7 Rooms of Gloom e When She Was My Girl, a Tyrone Davis con la sua Turn Back the Hands of Time, Jimmy Ruffin e la splendida What Becomes of the Brokenhearted, e le Supremes (ricordiamo: la band femminile di maggior successo della storia, seconda solo ai Beatles per numero di hits) con Someday We’ll Be Together. Per finire va ricordato l’omaggio a Sam Moore di Sam and Dave invitato a cantare in un paio di canzoni.
Insomma, Bruce Springsteen non sbaglia di certo scegliendo di riproporre brani soul e il lavoro suona piacevole e accattivante dall’inizio alla fine. Farà sicuramente contenti tutti coloro che apprezzano The Boss, che potranno ascoltare il loro beniamino cimentarsi con classici della black music. Farà un po’ meno contenti i fan del soul sparsi per il mondo, perché Bruce, con la sua irruenza, il suo carisma, la sua storia e il suo carattere stravolge in versione rock questi vecchi successi soul, snaturandoli parzialmente. In questo sta il fascino di questo lavoro, nella capacità di Springsteen di marchiare profondamente con la propria impronta e il proprio stile rock, classici del soul. I puristi della black music storceranno inevitabilmente il naso, ma l’operazione va presa per quello che è, un devoto omaggio, l’ennesimo contributo alla diffusione di una cultura musicale da cui è in qualche modo derivato tutto, l’hip hop, il pop che imperversa nelle classifiche ancora oggi e il rock, che al rhythm‘n’blues deve tutto, indubbiamente. Omaggio apprezzato Gianni Tarello