
BLUR: To the end – la recensione
Lontano anni luce dall’essere una pellicola promozionale lucida e patinata, Blur: To the End offre uno sguardo confidenziale e introspettivo su una delle band più iconiche della scena musicale britannica degli ultimi decenni. Il documentario diretto dal fondatore della Transgressive Records Toby L evita sapientemente le trappole delle interviste formali e delle immagini studiate, adottando un approccio diretto, che cattura momenti autentici di amicizia, gioia, malinconia e riflessione. Siamo travolti da una sequenza di frammenti genuini, di riprese spontanee, che scorrono veloci, alternando i nostalgici filmati d’archivio dei primi anni di carriera, alle session di registrazione dell’ultimo splendido album The Ballad of Darren sino al trionfo live delle due incredibili serate alla Wembley Arena nell’estate del 2023. Una progressione ininterrotta di istantanee uniche che trascendono la tipica cornice di molti film musicali, offrendo uno sguardo oltremodo sfaccettato sulla vita di questi artisti. Pur mantenendo il caratteristico tono malinconico che da sempre contraddistingue i Blur, l’opera porta in superficie, quasi inconsapevolmente, l’intimità che regola le dinamiche interne al gruppo. E’ avvincente osservare i quattro scapigliati ultracinquantenni, ciascuno con le proprie storie e cicatrici, decisi a tornare a fare musica, a riaccendere i motori con piccole esibizioni live e concludere trionfalmente l’esperienza di fronte a un pubblico adorante nella capitale britannica. Blur: To the end che arriva sugli schermi dopo Starshaped (1993), No Distance Left to Run (2010) e New World Towers (2015) mostra in modo vivido l’essenza pura dei Blur. Utilizzando una combinazione coinvolgente di rari filmati d’archivio, riflessioni estrose e scampoli dal vivo mozzafiato, la pellicola tiene inchiodato lo spettatore. Con tocco lieve affronta temi complessi come l’invecchiamento, l’alcolismo e la redenzione. Sempre con una certa riluttanza a scavare troppo in profondità, in parte per la conclamata riservatezza britannica, ma forse anche per non riaprire vecchie ferite. Alcune sequenze risultano particolarmente commoventi: il pianto dolce di Albarn mentre ascolta la prima registrazione di The Ballad of Darren, il ritorno di Albarn e Coxon alla Stanway comprehensive school di Colchester, dove hanno formato per la prima volta una band e la cui sala musica ora porta il loro nome. Altre invece si rivelano semplicemente curiose, come quelle in cui il chitarrista Graham Coxon argomenta sull’abuso di sostanze ed Alex James il bassista, è preoccupato di come spiegherà ai suoi figli i momenti vissuti da bevitore accanito con circa un milione di sterline spesi tra alcol e droghe. Altre più bizzarre come quelle in cui Damon brontola con le sue galline nella sua splendida casa nel Devon in Cornovaglia ed evita per un pelo un incidente sulle strade secondarie di campagna o ancora quando Albarn e James provano i bagni di ghiaccio post-partita dello stadio di Wembley. Peccato non ce ne siano di più.
La mano sicura del regista Toby L che ha accesso illimitato al gruppo, consente poi di svelare momenti di disarmante vulnerabilità. Accomunati da un cameratismo inaspettato, seppur con ginocchia scricchiolanti (il batterista Dave Rowntree si è infortunato al ginocchio giocando a tennis, proprio poco prima delle date di Wembley), confortati da cumuli di saggezza di mezza età (Damon che ci ricorda neppur troppo profeticamente che il tempo non è infinito) e da una sincera dose di destino casuale (meno facciamo e più sembriamo grandi, dice il batterista Dave Rowntree ad un certo punto), i Blur stanno ancora imparando l’uno dall’altro. Ed il docu- movie con la telecamera che non mente scivola via intrigante. E’ davvero avventuroso inseguirli nei frenetici preparativi per i loro attesissimi concerti allo stadio di Wembley, trasportati in un turbine di emozioni: l’eccitazione elettrizzante delle prove, l’ansia snervante per le sfide fisiche dovute all’età, la nostalgia dolceamara nel tornare a Londra. Ed ancora prima scortarli nel percorso di avvicinamento a quel grande momento, con le quattro esibizioni warm up nel mese di maggio 2023 al Colchester Arts Centre, Eastbourne Winter Gardens, Wolverhampton The Halls e Newcastle O2 City Hall. I Blur suonano in modo naturale, quasi senza sforzo, dispensatori assoluti di fascino, passione e grinta. I due spettacoli sold-out a Wembley con oltre 150mila spettatori paganti ed una mezza dozzina di gruppi di supporto, tra cui è possibile scorgere fugaci fotogrammi di Self Esteem, Sleaford Mods, Jockstrap, Paul Weller e The Selecter, rendono molto chiaro che Londra li ama. Le immagini live del concerto sono potentissime: l’attacco frontale di Popscene esplode come un’onda d’urto, Song 2 scatena un tornado inarrestabile, The Universal, con le sue melodie eteree e i suoi crescendo epici, eccita brividi infiniti. Ma è con Tender che i Blur toccano vette sublimi con la celestiale corale vocale del London Community Gospel Choir a dispensare istanti di grazia sublime. Le riprese finali che mostrano da vicino ogni goccia di sudore e passione sul volto di Damon e compagni, testimoniano il coinvolgimento e l’intensità vissute. Alla fine, il sipario cala e che siate fan di vecchia data o nuovi adepti folgorati sulla via del brit pop, Blur: To the end è un’esperienza cinematografica immersiva, uno dei migliori esempi di forma di documentario musicale, un ritratto crudo e onesto che celebra il potere senza tempo della musica di unire ed emozionare.
Blur: To the End sarà presentato in anteprima nazionale il 21 febbraio alle ore 21:00 presso il Cinema Massimo di Torino come film di apertura dell’undicesima edizione di SEEYOUSOUND – International Music Film Festival, unico festival in Italia interamente dedicato al cinema a tematica musicale. Il documentario sarà successivamente nei cinema dal 24 al 26 febbraio in versione originale sottotitolata distribuito da Adler Entertainment.
GIANCARLO COSTAMAGNA