E’ STATO IL FIGLIO
ITA/FRA 2012
La capacità con la quale Toni Servillo riesce a passare da un genere all’altro, rischiando il debordo caricaturale ma rimanendo sempre nei binari della grande recitazione, è impressionante. E così eccolo offrire un’altra ottima interpretazione in E’ Stato Il Figlio, opera di Daniele Ciprì tratta dal romanzo omonimo di Roberto Alajmo, che racconta la storia della famiglia Ciraulo, composta da sei persone: Nicola è il capofamiglia, Loredana sua moglie, Tancredi è il figlio maggiore e Serenella la figlia più piccola. Nonno Fonzio e Nonna Rosa, i genitori di Nicola, vivono insieme a loro. Abitano nella periferia di Palermo. Nicola si arrabatta per mantenere tutti rivendendo il ferro vecchio delle navi in disarmo. Le loro vite anche in questa realtà molto dura scorrono in una relativa serenità. Fino a quando, al ritorno da una gita al mare insieme con i Giacalone, loro amici e vicini di casa, un proiettile vagante destinato ad un regolamento di conti fra bande rivali colpisce a morte la piccola Serenella. Fine dei giochi? Macchè. E’ soltanto l’inizio di un grandissimo casino, che si materializza quando Giacalone suggerisce a Nicola di chiedere un risarcimento che lo Stato riconosce alle vittime della mafia.
Coi soldi in casa e la povertà fuori, i Ciraulo (e soprattutto Nicola) perdono ogni collegamento con la realtà, finendo per annientare i già traballanti rapporti umani a tutto vantaggio della materialità, qui rappresentata da una bella macchina. Vi evitiamo il proseguo della storia perché sì, il film si sviluppa benissimo, ma ci sono tanti altri aspetti che convincono della pellicola di Ciprì. Anzi, tre in particolare.
1. L’ambientazione: la ricostruzione scenica del mondo in cui vivono i Ciraulo è perfetta, e l’ottima fotografia finisce per impreziosire i dettagli.
2. L’apporto dei personaggi di contorno (tutti promossi), con una nota particolare per l’ottimo Alfredo Castro, uno degli attori sudamericani più bravi in circolazione, già protagonista in Tony Manero e Post Mortem e qui impegnato in un ruolo a prima vista secondario ma fondamentale.
3. La comicità che si incontra con il dramma, la risata che diventa amarezza. Ciprì giocando con gli stati d’animo porta, per tutta la durata del film, lo spettatore in un territorio ma alla fine lo disorienta obbligandolo a fare i conti con qualcosa di nuovo e inaspettato.
In conclusione: una pellicola costruita benissimo, con un filo narrativo per nulla lacunoso, una caratterizzazione dei personaggi convincente e dei dialoghi mai scontati.
Francesco Casuscelli