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EMERSON, LAKE & PALMER

Giriamo il timone della macchina del tempo verso un passato recente in cui la musica rappresentava un’espressione della volontà di una intera generazione di giovani. Un’epoca di forse fin troppi dibattiti e discussioni, di impegno culturale, di illusione che la creatività potesse giungere al potere. Un’era di ritorno di alcune delle vette del pensiero occidentale, dopo le fascinazioni sdrucciole dell’oriente del decennio precedente: i simbolisti, la psicanalisi, il pensiero filosofico, i surrealisti. 

Un’era dove la personalità e l’essere differenti venivano premiati: dove ogni grande band suonava in modo riconoscibile, personale e diverso. 

Un tempo nel quale le migliori band cantavano in lunghe, dinamiche suites della miracolosa Fontana di Salmacis, di guardiani di fari afflitti da oscuri sensi di colpa, di Tiresia che cambiava sesso per prendere e dare, di albatros che volavano in alto in estatica immobilità; album sperimentali come Tarkus arrivavano ai primi posti delle classifiche e le band riempivano con oceani di persone i festival rock e gli stadi e, in studio, si sperimentava senza timore, coniugando complesse armonie con testi visionari e le copertine dei dischi erano fantastiche.

Quello era il tempo di Emerson, Lake & Palmer… su Rockerilla Maggio ’15 (n°418) la monografia Trilogy, la creatività al potere” di Massimo Marchini.

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