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LAY LLAMAS

| Torino, sPAZIO 211 | 21 Giugno

La purpurea fiamma kundalinica che serpeggia sinuosa fra gli alambicchi di corde, cimbali,  tastiere, sintetizzatori e linee vocali di una ragguardevole opera prima quale Ostro, dal vivo arde di pulsazioni e colorazioni inedite, di picchi adrenalinici non avvertibili nelle registrazioni lavorate in studio, almeno non in questa – pur onirica – forma epidermica e diretta, innervata di quella frontalità da palco propria alle dinamiche della dimensione live, quella ‘fatidica’ onda d’urto molecolare che s’infrange sui muscoli e i neuroni degli astanti gettati al centro del vortice vibrazionale. Sebbene soggetta alle tempistiche ridotte del contest festivaliero facente capo alla tre giorni del D.I.O. Fest!, l’esibizione dei Lay Llamas non ha faticato a prendere quota sulla piattaforma di lancio del club ospitante (sPAZIO 211), catalizzando la nostra attenzione per  40 minuti di prestazioni avvincenti, congegnate come un cerimoniale pagano di uffici tribal-psichedelici  perfettamente conformi alle indicazioni tematiche della seconda giornata in agenda sotto il cartello 60’s Psych Vs 00’s Occulto. In altre parole la giovane band guidata da Nicola Giunta e Gioele Valenti ha centrato coordinate e finalità dell’evento senza nulla disperdere, massimizzando il breve arco di tempo messole a disposizione nei termini di una performance contagiosa e potente, destinata a compiersi in una sequenza filologica di momenti chiave. Ad aprire le danze è la mesmerica Overmind, introdotta da una trama ondivaga di snodi telepatici a spirale e registri fonetici di comunicazione interplanetaria presto travolti dalle scorrerie spazio-temporali di Archaic Revival, sorta di proto-saltarello cosmico o, se preferite, di locomotiva psichica incalzata da poderose scansioni batteriologiche di slap concentrici e cariche di sincopi tambureggianti regolate al metronomo, perfette per essere inoculate di riff retrattili, abissali elettroniche sci-fi e deliri canori dai risvolti magico-sublimatori. Ciò che assume forma sugli schermi della mente è un caleidoscopio di cromie esplose, di energie sottili e scosse di frequenze onnipervasive tese a ingenerare flussi di coscienza prossimi ai transfer della proiezione lisergica nel suono. Impressione tosto rinnovata dagli armonici ologramma della magnetica Desert Of Lost Souls, anatomie di spiriti danzanti su rocce vive di canyon siderali ed ellissi di melodie-cometa leggendarie, percorse dai vibrati di corde gravitazionali e frecce di keys mercuriali. A forgiare le geometrie funk e i retrogusti mediterranei di Something Wrong sono le euritmie ethno-cinetiche della sezione basso-batteria e i pizzicati della ritmica elettrificata, ideale teorema metrico ai profumi d’ambrosia che salgono dalle semantiche liberatorie di Gioele al canto. Il gran finale è demandato alla traccia simbolo del circolo Lay Llamas, il cui titolo, We Are You, par assurgere quale codice mantrico propiziatorio, quale formula taumaturgica scientemente reiterata in corso d’opera, magnificata dalle piramidi elettriche di chitarre zenitali, tamburi sciamanici e raffiche-laser di cluster intermittenti per l’ultimo tantra ipnotico attorno al fuoco di una festa solstiziale (si ricorda che siamo al 21 Giugno) giunta al culmine del suo percorso alchemico, come epifanie di congiunzioni astrali e cori stellari che vibrano con le voci dell’anima. Un  concerto da brivido.

Aldo Chimenti

 LL

     

 

 

 

 

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