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SWANS

Michael Gira, e per esteso la sua creatura maestosa e superba, gli Swans, occupano la parte in ombra dell’arte,  quella riservata al nichilismo e alla claustrofobia, poesia-testimone di una degradazione morale che è propria della civiltà postindustriale, dove la drammaturgia incontra il realismo più crudo, dove tutto qui configura analogie con gli altri grandi, Jim Morrison, Lou Reed, Luigi Tenco (poiché non crediamo agli argini tra generi ed immiscibilità categoriali, e semmai differenza dovesse esservi, sta nel grado, digradazioni di sfumatura e intensità, non questione di sostanza), Kurt Cobain, Ian Curtis, Johnny Cash, tutti a vario titolo esteti della fine, denuncianti i meravigliosi, angosciosi e irrisolvibili controsensi dell’esistenza.

Ma nessuno s’è bagnato nell’Ade della dissoluzione, nei miasmi dell’essere estremo, o ha indagato l’umana natura, fatta di rapporti, nelle sue dinamiche interpersonali e nelle meccaniche del dominio, e delle inevitabili implicazioni sadomaso; nessuno ha codificato in ambito rock lo spleen e l’abominio meglio di Michael Gira con i suoi ‘cigni’.

I cigni sono creature maestose e superbe con un cattivo temperamento.

 Michael Gira

Su Rockerilla 430 Giugno ’16 l’articolo di Gioele Valenti “La mostra delle atrocità“.

ph William Lacalmontie

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