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PUBLIC IMAGE LIMITED

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Roma | Atlantico Live | 27 ottobre

 

La sigla dei Public Image Limited (P.I.L.) è un logo visivo importante dietro al quale John Lydon ha dimostrato, dopo l’ubriacatura punk dei Sex Pistols, quanto fosse ampia la sua gamma espressiva. Qui nacque una sorta di art-post punk dove declamare, con folle lucidità, il suo sguardo sociale mentre dietro si agitavano le chitarre allucinate di Keith Levene e il grasso basso dub narcotico di Jah Wobble. La loro storia è una pietra angolare del rock tutto degli ultimi trenta anni e celebrare il ritorno sulle scene live, seppur ormai Wobble e Levene non siano più della partita, diviene obbligatorio anche perché il recente album This is Pil, pur non essendo un capolavoro, è comunque un disco dignitoso che lascia intuire come la band dal vivo possa ancora dire la sua. La giornata è segnata dall’annuncio della morte del grande Lou Reed e non sono poche le persone che, incontrandosi prima dell’inizio del concerto, esprimono il proprio cordoglio facendo respirare così un’atmosfera di attesa quanto un po’ dimessa. A portare subito l’adrenalina sui giusti livelli intervengono dunque i pesaresi Soviet Soviet che confermano la loro bontà post-punk con un set diretto e incisivo dove hanno la possibilità di presentare anche il loro nuovo disco Fate. Sono ormai in giro da tanto tempo sui palchi di tutta Europa e l’esperienza che stanno acquisendo si manifesta anche in questo breve set romano che lascia del tutto ben impressionati. Dopo circa mezzora di stop per il cambio, intorno alle 21.45, i Pil salgono sul palco con John Lydon vestito di bianco e qualche chilo di troppo nella pancia che, in maniera provocatoria, chiede se qualcuno del pubblico desidera le banane di Johnny Rotten, donandone alcune, prese del catering, alla platea antistante. Mentre c’è questa scenetta si dispongono Lu Edmunds (già con Damned, Billy Bragg, Waterboys e con i Pil dall’86) alla chitarra, Bruce Smith (già con Pop Group, Slits, Bjork e dall’86 anche lui nei Pil) alla batteria e Scott Firth (sessionman per Joan Armatrading, Morcheeba, Steve Winwood e molti altri) al basso. Si parte con Deeper water dall’ultimo disco e le numerose persone presenti iniziano a caricarsi con il ritmo di questa canzone che è una sorta di preparazione per la seguente Albatross, dallo storico secondo album Metal Box, lavoro che fu perfetta sintesi di post-punk e dub cerebrale. Dunque le paure che il concerto potesse prevedere solo estratti dai Pil più recenti viene spazzato via. Infatti dalla “scatola di metallo” si estraggono anche Poptones e Careeing, che dimostrano ancora la loro forza espressiva anche perché Lydon ha un impatto vocale che colpisce il petto. La sua interpretazione è infatti tesa, vibrante e comunicativa. L’aspetto iniziale di provocatore delle folle non c’è già più, anzi sembra proprio crearsi una perfetta empatia tra chi è sopra e sotto il palco. Ovviamente l’esplosione delle danze e dell’entusiasmo dei più avviene quando partono le prime note di This is not a love song, brano ancora che apprezzatissimo nelle discoteche alternative, e che ugualmente in questa serata regala inebriante verve. C’è da dire che in alcuni momenti del concerto la concentrazione non rimane la stessa con qualche episodio più debole che potrebbe essere escluso dalla scaletta come The Body e Warrior estratti dai dischi di fine anni ’80 (Happy, 9) che sono sicuramente prescindibili nella discografia del gruppo. In generale però l’appuntamento si rivela positivo anche perché dal cilindro il quartetto tira fuori una sempre infernale Death disco, la gloriosa Public image, una sempre simpatica Rise e l’inattesa e conclusiva Open up, brano dal groove dance incisivo e che vide unicamente collaborare John Lydon e gli elettronici Leftfield nel 1993. I Pil suonano quasi due ore di concerto che, pur vivendo qualche momento di stanca , in generale risulta divertente e Lydon è ancora un personaggio/artista del tutto esemplare con ancora molte cose da dire, anzi da urlare in maniera penetrante.

Gianluca Polverari

PIL

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ph Rudy Filippini, la foto è stata scattata durante il live di Bologna.

 TRACKLIST

Deeper water
Albatross
This is not a love song
Pop tones
Careeing
This is what you want
The order of death
The body
Warrior
Reggie song
Death disco
Out of the woods
One drop
Public image
Rise
Open Up

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