LOW
There Is Hope. Still.
Roma | Auditorium Parco della Musica | 09/04/19
Con Double Negative,
uscito a settembre dello scorso anno, i Low hanno lanciato una sfida, a loro
stessi e al loro affezionato pubblico. Mettere ancora una volta in discussione
i cardini della propria identità (s)low-core e contaminarli con i suoni della
contemporaneità (dolorosa, ispida, persino respingente) è stato un azzardo. Che
ha pagato. L’album è stato salutato dalla critica come uno dei migliori e dei
più influenti del 2018 e la band ha intrapreso un tour che li ha visti riempire
locali in tutto il mondo. Solo qualche fan della prima ora è rimasto
(comprensibilmente) un po’ disorientato.
Probabilmente, però, vedendoli dal vivo anche i pochi scettici si saranno
ricreduti.
Roma aspettava l’esibizione della band di Duluth da tempo quasi immemore e ha risposto con entusiasmo gremendo la splendida sala Sinopoli dell’Auditorium (che non è comunque andata sold-out).
Spente le luci pochi minuti dopo le nove di sera, il
pubblico fremente si è trovato davanti il palco quasi completamente buio, a
esclusione di tre pannelli che proiettavano sottili strisce orizzontali di luci
intermittenti.
I tre protagonisti sono arrivati in silenzio, nell’ombra. E poi non una parola,
solo suono.
Aperta dalle inconfondibili interferenze sonore di “Quorum”, è iniziata la
liturgia laica (fino a un certo punto visti i continui riferimenti alla
divinità dei loro testi) dei Low che è proseguita ininterrottamente per quasi
novanta minuti, accompagnata da poche parole da parte di Alan Sparhawk (e nel
mutismo assoluto del bassista Steve Garrington) che ha giusto detto, a metà
concerto, di essere colpito (positivamente? negativamente?) dall’attenzione con
cui il pubblico, composto come si addice ad una sala destinata alla classica,
ascoltava affascinato.
La band, sempre in ombra innanzi ai tre alti pannelli video sui quali scorrevano luci e suggestive immagini (di alberi, fiamme, un occhio, ballerine, rotaie, montagne), ha suonato con intensità e trasporto, senza concedersi pause e riuscendo a fondere nel più classico suono (s)Low brani tratti dall’intero percorso artistico della band, pur con una certa prevalenza del materiale presente sulle ultime uscite.
Chi si aspettava una riproposizione delle sonorità claustrofobiche e stranianti dell’ultimo album sarà probabilmente rimasto deluso. Per tutti gli altri è stata un’apoteosi. Lo è stata, appunto, proprio per l’incredibile capacità di Alan, Mimi e Steve di rendere i brani così stranianti e spiazzanti di Double Negative assolutamente organici al loro suono più classico, senza per questo stravolgerli o fiaccare il loro impatto emotivo (si veda la splendida “Tempest” spogliata di tutte le distorsioni vocali presenti sul disco). La scelta, poi, di alternare i brani dell’ultimo album a canzoni meno recenti ha consentito al pubblico di comprendere l’intrinseca coerenza artistica di una band che, attiva da un quarto di secolo, non ha mai perso la voglia di evolversi e sperimentare, pur rimanendo fedele a se stessa e alla propria identità sonora.
Momenti particolarmente toccanti e trascinanti sono arrivati con la lunghissima, cupa, acidissima e travolgente versione di “Do You Know How To Waltz?” (tratta da “The Courtain Hits The Cast) che si è, dopo quasi un quarto d’ora di chitarre lancinanti e ritmiche incalzanti, liquefatta nella celestiale Lazy (unico brano tratto dal magnifico esordio del 1994 “I Could Live In Hope”) e con il primo brano dell’encore: una dolcissima Laserbeam (da “The Things We Lost In The Fire) nella quale la schiva e timidissima Mimi (rimasta nell’oscurità per tutto il concerto) ha sfoggiato una performance vocale da brividi.
Dolcezza e violenza, speranza e disperazione, forza e fragilità si sono susseguite sul palco senza soluzione di continuità, in un flusso unico di note e ritmi, di parole, immagini e suoni che hanno riempito le orecchie e gli occhi dei presenti i quali, rapiti e attoniti di fronte a tanta magnifica grazia, non hanno potuto che capitolare e concedersi totalmente ai Low e alla loro trascinante performance. Francesco Amoroso
Setlist:
Quorum (da Double Negative)
Plastic Cup (da The Invisible Way)
Holy Ghost (da The Invisible Way)
What Part Of Me (da Ones And Sixes)
Tempest (da Double Negative)
Do You Know How To Waltz? (da The Courtain Hits The Cast)
Lazy (da I Could Live In Hope)
Dancing And Blood (da Double Negative)
Always Trying To Work It Out (da Double Negative)
Poor Sucker (da Double Negative)
Nothing But Heart (da C’mon)
Especially Me (da C’mon)
Lies (da Ones And Sixes)
Fly (da Double Negative)
Disarray (da Double Negative)
Encore
Laserbeam (da Things We Lost In The Fire)
Murderer (da Murderer e Drums And Guns)
ph Rudy Filippini (live di Bologna, Teatro Antoniano, 6/04/19)