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DARKTHRONE

Old StarPeaceville

Incomparabili vecchie stars (senza suonare dal vivo) lo sono da decenni, eppure l’entusiasmo e la genuina passione di questi due simpatici nerd del metallo non pare scemare. E non viene meno neppure l’approccio punk nei confronti del business della musica: per Old Starniente ascolti anticipati per gli addetti ai lavori, bensì pubblicazione dell’album nella sua interezza sui social, in modo che tutti possano ascoltarlo, democraticamente, nello stesso momento. Posizione polemica quindi nei confronti dei processi del marketing intorno a prodotti che dovrebbero essere alternativi e quindi restare fuori dal sistema-mainstream. Inutile e pusillanime andare cercare il pelo nell’uovo per poterli tacciare d’ipocrisia, come tanti amano fare nei confronti di chi fa denunce in generale: qualcuno deve pur farlo! Quindi, grazie, cari Fenriz e Nocturno Culto, per l’ennesima lezione d’integrità, fornita sempre con tantissima ironia. 

Per quanto concerne il contenuto musicale, si tratta ancora di un esercizio di pura manipolazione genetica del vecchio metallo, ovvero come ibridare (in modo assolutamente sfacciato e profondamente competente) l’heavy metal con il doom, il thrash, il d-beat ed il black metal. La non-formula dei Darkthrone, anarchicamente vintage, dimostra di ritenere sempre un rinfrancante sapore di originalità e freschezza. Questo album numero XVIII provoca ancora un’ebbrezza liberatoria, con i suoi suoni ipnotici ed epici, le nere spirali doom, le melodie incalzanti, il drumming punk anni ’80 ed i deliranti riff dissonanti. Per il duo creare e suonare metal non è un esercizio d’innovazione ma un rituale catartico che ha il solo fine di godere appieno di una passione che dura dal 1986. Tra le tracce più belle, la cavalcata doom The Hardship of the Scots(argomento attualissimo: la saga degli scozzesi pare non finire mai!) con tanto di riff che danzano con il kilt, e Duke of Gloatin puro stile NBM. Masters.

Emy Hey

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