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ZANNE ’15

Catania, Parco Gioeni | 16-19 luglio

Le 12.000 presenze registrate durante questa terza edizione, la migliore sinora, hanno consacrato il festival Zanne come uno degli eventi di maggior respiro internazionale dell’estate italiana. Menzione d’onore, innanzitutto, per la succosa preview gratuita che si è snodata attraverso quattro sabati nell’incantevole cornice del Monastero dei Benedettini, patrimonio UNESCO: Soft Moon, Amen Dunes, The Fall e Prinzhorn Dance School sono stati i migliori ambasciatori per la line-up stellare di quest’anno. La prima serata, aperta dalle giovani promesse indie WOW! Signal e dai belgi Balthazar, tanto padroni del palco quanto ricercati nel tocco pop con cui marchiano i loro brani, è stata consacrata dallo show (sì, perché di questo si è trattato) di affinità elettive di Franz Ferdinand & Sparks, la nuova superband anglo-americana che ha sfoderato una sequenza di brani killer tratti dal repertorio classico dei due gruppi alternandoli con nuovi potenziali hit dal suono marcatamente glam, un chiaro retaggio dei glory days degli Sparks negli anni ‘70. La serata numero due, aperta dal soft rock del duo Ultimate Painting e dal coinvolgente funeral party balcanico trapiantato a New Orleans del combo svizzero Dead Brothers, è proseguita con gli americani A Place To Bury Strangers, azzoppati da un volume troppo basso e da una scaletta stringata, giungendo allo zenith con un torrenziale set psych-gospel degli Spiritualized, che ha trasportato il pubblico per novanta minuti ben oltre le porte della percezione fino a Come Together, che vince il premio come il miglior orgasmo collettivo di tutto il festival. Il clima subtropicale del sabato sera non ha intaccato l’eleganza pop dei francesi Camp Claude e l’elettricità di matrice Sonic Youth/Blonde Redhead degli svizzeri Peter Kernel che hanno sfidato il caldo per aprire la strada al rabbioso garage-noise degli Hookworms, inglesi di Leeds rivelatisi IL gruppo live della giornata. Finale dancefloor-oriented per la serata più eclettica del festival: dopo il set elettronico, svagato e sottotono, dell’inglese Luke Abbott, sale sul trono Four Tet e porta con sé una scaletta in parabola ascensionale che all’inizio ha giocato con sfumature impalpabilmente ambient, poi ha cambiato veste imboccando la strada maestra dell’house davanti a un pubblico, il suo pubblico, che forse meritava qualcosa di più. L’ultima serata era una scommessa vinta in partenza, al netto della solita temperatura cambogiana secondo il trend dell’estate 2015 e dell’opening zuccheroso di Jacco Gardner, un olandese dotato di talento nella composizione e negli arrangiamenti, sebbene ancora troppo implicato emotivamente con il pop psichedelico degli anni ’60: il seguito è stato il finale “made in canada” tanto atteso, prima con il sontuoso live gothicnoir dei Timber Timbre, il gruppo dell’Ontario che ha raggiunto, un album dopo l’altro, l’intima perfezione di nobili ispiratori come Tindersticks e Lambchop, poi con il magnifico abisso di riverberi, amplificato dai visuals firmati da Karl Lemieux, dei Godspeed You! Black Emperor, che rimarranno nella memoria dei presenti – e nei tardivi rimpianti degli assenti – come il punto di non ritorno (non solo) di questo festival. Un concerto epico, chiamatelo post-rock o come volete, ma da standing ovation. Dopo di loro, solo buio e silenzio.

Raffaele Zappalà

ph Antonio Triolo, Dream Inc photo

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