VOICES – CHAPTERS – SHRINES – KRAWWL
Londra | The Black Heart | 22 Novembre
Dalle ceneri degli eclettici Akercocke risorgono i londinesi Voices: la band capitanata dall’oscuro incappucciato mastermind Peter Benjamin presenta al pubblico del Black Heart il nuovo album, chiamato per l’appunto London in onore alla città d’origine. La serata, organizzata da Old Empire (https://www.facebook.com/oldempirepro) parte con un blast tutto strumentale ad opera degli Irlandesi Krawwl. La viola e il saxofono sul palco preannunciano una performance jazz; il noise orchestrato dalla miriade di bottoni sistemati in una console in mezzo al pubblico, sembra sovrapporsi un po’ troppo alle note di fondo, creando una base che, se a primo impatto appare monotona, con l’andare del set consente di immergersi in un’ambience ricca di eufonie. Seguono gli inglesi Shrines con Sam Loynes alla guida in qualità di frontman e chitarrista anche degli headliner. La loro musica non è per tutti, in quanto particolarmente tecnica e ricca di coordinate sonore che sembrano catapultare in una realtà nichilista dove non ci sono limiti in quanto a intensità musicale e lirica. La velocità di fondo si accentua grazie ad un susseguirsi di assoli schizzoidi e atonali: tanto di cappello al frontman per aver portato a termine due set così impegnativi col Massimo risultato.
Il sound dei Chapters, amatissimi dai londinesi, ridimensiona l’atmosfera caotica: la band capitanata dal bassista Joe Nally questa sera presenta live per la prima volta in assoluto l’album The Imperial Skies nella sua interezza. Riff ribassati e lenti si alternano a cadenze ferali che acquistano velocità e diversità stilistica grazie alla miriade di accenni prog death; la giovane band gode di moltissimo rispetto e continua a suonare in tutto il Regno Unito. L’atmosfera si incupisce: con Voices le note si frantumano all’improvviso in fragmenti di dolore. I vocalizzi del frontman Peter Benjamin sono taglienti, penetranti e distruggono ogni forma di dicotomia associata ai sottogeneri del metal più estremo. La batteria è tirata allo spasimo per tutta la durata del set: di taglio lento e opprimente, oscura e decadente Megan fa pensare all’isolamento, dove la miriade di squarci di chitarra sembra catalputare in una realtà non voluta. L’alternanza tra oscurità e brutalità è la base di questo sound da scoprire e rimanerne volutamente coinvolti: i Voices sono una band che merita rispetto.
Fabiola Santini
ph Fabiola Santini