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THE WHO

Assago (MI) | Forum | 19 settembre

La seconda delle due date che gli Who hanno scelto in Italia per celebrare i 50 anni di attività, dopo Bologna, è al Forum di Assago. E quasi 50 (44 per la precisione), sono gli anni che separano queste due esibizioni dagli ultimi concerti che la band inglese aveva tenuto in Italia, se non si considera la data di Verona del 2007 sulla quale è meglio stendere un velo pietoso. Il Mediolanum Forum comincia a riempirsi mentre suonano gli Slydigs, la band di spalla, utile per intrattenere il pubblico che applaude generosamente un rock senz’anima e senza qualità.

Tra una band e l’altra, mentre i tecnici preparano il palco per gli Who, scorrono le immagini della loro carriera che si soffermano su Keith Moon e John Entwistle per un doveroso ricordo di coloro che non ci sono più. Poi viene simpaticamente proiettato l’ormai famoso slogan britannico ‘Keep calm…’, opportunamente declinato per l’occasione e tradotto in ‘Rimanete calmi arrivano gli Who’, ma neanche il tempo di leggerlo e Roger Daltrey e Pete Townshend sono sul palco insieme al resto del gruppo con una decina di minuti di anticipo sull’orario previsto. Con loro ci sono il fratello di Pete, Simon, alla seconda chitarra, Zak Starkey, figlio di Richard (aka Ringo Starr) alla batteria, Pino Palladino, gallese di evidente origine italiana, al basso, e due tastieristi.

Poche parole di saluto nelle quali Pete si cimenta in un tanto stentato quanto apprezzato italiano e la partenza è al fulmicotone con una versione incredibile di I Can’t Explain che fa subito infiammare il pubblico che nel frattempo ha riempito il Forum all’inverosimile. Poi è tutto un crescendo, in una sequenza che toglie il fiato, Seeker, Who Are You, The Kids Are Alright, I Can See For Miles e My Generation. Con la stessa carica e la stessa grinta che ascoltiamo su disco, ora come allora, seppur con qualche arrangiamento differente. La chitarra di Pete è magica, ogni tanto fa roteare il suo braccio destro in quel tipico mulinello che ormai fa parte della sua iconografia. La voce di Roger è incredibilmente potente, piena, senza sbavature, decisamente migliorata rispetto a quando, nel 2012, avevamo potuto sentirlo nel tour in cui aveva portato Tommy in alcuni teatri italiani. Simon Townshend, già al fianco di Roger nel tour di Tommy, supporta egregiamente il fratello alla chitarra. Pino esegue il suo ruolo alla perfezione in ogni momento, anche nel rifare il giro di basso più seducente e famoso della storia del rock in My Generation. Zak ha l’altrettanto difficile compito di non far rimpiangere l’amato Keith Moon e ci riesce bene, conducendo ottimamente, insieme a Pino, la base ritmica.

Chi aveva dei dubbi sul fatto che a 70 anni i due Who rimasti potessero ancora regalare un concerto di tale grandezza a questo punto della serata li ha già visti dissolversi. La sensazione è di assistere a un evento davvero storico, a uno dei momenti più alti ed emozionanti che la musica ci abbia regalato in anni, decenni, di concerti visti dal vivo. Il live continua con una carrellata dei brani più belli e importanti della loro carriera, Behind Blue Eyes, Bargain, Join Together, You Better You Bet, 5:15, I’m One, The Rock, Love Reign O’er Me. Dopo la sfilza da Quadrophenia si passa a Tommy con Amazing Journey, Acid Queen, Pinball Wizard e See Me Feel Me, sulle cui note non si riesce proprio a trattenere la commozione. Ancora due brani in chiusura da Who’s Next, strepitosi, Baba O’ Riley e Won’t Get Fooled Again, ed è tempo di saluti e di ringraziamenti finali. Non c’è l’encore ma non ce n’è bisogno. Gli Who hanno suonato due ore, senza mollare e con un’energia che non è venuta meno neanche per un attimo. E non c’è nemmeno spazio per il solito commento, ‘ma non hanno suonato quel brano’ perché hanno eseguito il meglio dei loro 50 anni di carriera in una scaletta perfetta. Durante tutto il concerto su un grande schermo dietro al palco scorrevano immagini spettacolari che hanno arricchito una scenografia per il resto sobria, incluso un pensiero per le vittime del recente terremoto in Italia. Quell’Italia elogiata per il calore della sua gente, la sua architettura e la sua bellezza da Roger Daltrey alla fine della serata e omaggiata da Pete Townshend con le sue frasi in italiano che ogni tanto intramezzavano i brani. Un live che è stato davvero uno dei più entusiasmanti e indimenticabili. si Usciamo come intontiti da tanta meraviglia e con la consapevolezza di aver assistito a una pagina di grande storia del rock.

Rossana Morriello

 

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