THE TALLEST MAN ON EARTH
Non immaginavo che il cantautore svedese noto come Tallest Man On Earth si fosse guadagnato, nel corso di un decennio abbondante, un nutrito seguito di fans, ma evidentemente mi sbagliavo: il trentanovenne Kristian Matsson anche in Italia è qualcosa di più di un musicista di culto e il fatto che riesca quasi a riempire il Teatro del Vittoriale lo conferma pienamente.
Sempre contrariamente alle mie previsioni, Matsson non è un cantautore introverso, ma un vero e proprio showman, e dato che probabilmente non arriva ai 170 cm anche il suo nome d’arte è venato di autoironia: il musicista è una piccola forza della natura, che coinvolge il pubblico con una disinvoltura sorprendente, dissacra tutto ciò che potremmo ritenere “sacro” in un concerto (interrompe le canzoni per bere un po’ d’acqua, si allaccia le scarpe e sistema continuamente il bordo dei pantaloni) e soprattutto dimostra doti di strumentista e di interprete che forse i dischi non sempre valorizzano in pieno.
Il suo concerto dura un’ora e mezza abbondante ed è un diluvio di emozioni, anche perché Kristian pesca in tutto il suo vasto repertorio e spesso rielabora i pezzi: la versione imbizzarrita del capolavoro 1904 è solo il preludio a una lunga serie di variazioni sul tema, in cui ciò che soprende non è solo la grinta di Matsson, ma anche l’ampiezza del suo range vocale (passa dal sussurro alle urla in una frazione di secondo, ha un’estensione invidiabile, che archivia una volta per tutte l’etichetta di “nuovo Bob Dylan“), e la sua abilità di strumentista. Il cantautore sostituisce lo strumento che deve accompagnarlo praticamente dopo ogni pezzo, e così si alternano chitarra acustica, classica, elettrica e banjo, oltre al pianoforte, che Matsson suona con maestria e che gli consente di costruire un’atmosfera toccante, in sintonia con la bellezza del panorama che lo circonda.
There Is No Leaving Now, gemma dell’album omonimo, scalda i cuori e lascia il passo a una vibrante, screziata-noise versione di The Running Styles of New York, forse il pezzo migliore dell’album pubblicato nel 2019. La tromba di un amico italiano arricchisce il suono di King of Spain, in cui anche la chitarra dà una sferzata; altrove Kristian è bravissimo ad assorbire dentro un linguaggio puramente autorale (Dark Bird is Home, con echi di Nick Drake, ma un Nick Drake che ha sconfitto la depressione) le atmosfere chitarristiche dilatate e la psichedelia morbida e pulita di gente come i War On Drugs: c’è sempre tanta America nei suoi pezzi (Somewhere in the mountains, somehwere in New York), sia nei contenuti che appunto sul piano estetico e stilistico.
Il climax emotivo del concerto lo regala forse I Am A Stranger Now, inno al tempo stesso grintoso e delicato in cui Matsson sembra voler punire la chitarra di chissà quale colpa, mentre scolpisce un refrain melodico eccezionale.
Evento e atmosfere imperdibili, un altro centro pieno per Tener-a-mente.
Francesco Buffoli
THE TALLEST MAN ON EARTH Gardone Riviera, Teatro del Vittoriale 8 luglio