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THE LIBERTINES, live @Alcatraz Milano

Milano, 11.11.2022

Era il 2006 l’ultima volta che vidi Pete Doherty esibirsi dal vivo, in quel caso all’Hiroshima Mon
Amour di Torino, già all’epoca dei Babyshambles. L’attesa era tanta, la paura che non si
presentasse altrettanta. Nonostante l’ebbrezza del momento ricordo ancora l’elettricità tra il
pubblico, un concerto breve ma ugualmente intenso, i faretti fracassati con il microfono,
l’instabilità tipica, insomma “Fuck Forever”. Siamo nel 2022, sono passati 20 anni dall’uscita
dell’ormai iconico album dei The Libertines, nel mentre ci sono state le liti, i gossip, la droga, le
rappacificazioni, altre liti, e via discorrendo, eppure, ieri notte, ci siamo ritrovati tutti di fronte al
palco dell’Alcatraz di Milano per celebrare il ritorno dei nemici/amici, perché effettivamente,
quell’album, ci ha segnati, per chi c’era quei testi hanno voluto dire tanto e tuttora sono
importanti. Sulle prime note di “Vertigo” è subito festa, una di quelle feste in casa che si sa già
come andranno a finire, odore di birra, qualche sigaretta riottosamente accesa, parte “Horror
Show”, vero e proprio inno, si canta, si urla, ormai siamo conquistati, come se tutti questi anni
non fossero mai trascorsi, come se ancora avessi indosso la divisa skinny jeans e marinière. Più ci
si addentra in quei quaranta minuti scarsi di storia più si perde la concezione, per fortuna, del
nefasto periodo che abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere. Pete e Carl sono in pienissima
forma, si sfidano sul palco in una guerra tra ego smisurati, ma si vede, e si sente soprattutto,
quella tensione positiva che si può riscontrare tra due amici che ne hanno passate troppe per
volersi male, l’età avanza, questo indubbiamente, le abitudini sono forse cambiate, ma la carica
implicita è sempre lì. Il riff di “Up the Bracket”, come in un basement di Londra, sporco e diretto, e
con “I Get Along” si chiude, nel moshing di chi ancora se la sente, la prima parte dello show.
Tornati sul palco quasi si baciano, continuano a spingersi, la lotta non finisce, anzi vengono
sparate tutte le cartucce rimaste, forse fin troppo velocemente, senza sosta, per chi come me
“What Katie Did” significa molto la lacrimuccia scende, impossibile non unirsi a quel coro,
l’infantile “shoop shoop” che ci culla, ma purtroppo siamo alla fine. Chiude “Don’t Look Back into
the Sun” dopo il sesso di “Can’t Stand Me Now”, e forse proprio perché infelicemente collocata
risulta leggermente sottotono, o forse non è mai stata tra le mie preferite. Ora probabilmente
metto su il vinile che per troppo tempo avevo lasciato da parte, perché succede, come per tutte le
band che si sono amate, succede, è scontato, di andare avanti, di tradire, dimenticare, ma
quando qualcosa è stato importante arriverà quel momento, seppur fugace e sarà come
un’epifania.

(Testo di Fabio Taravella / Foto di Loris Brunello)

Up The Bracket :

Vertigo – Death on the Stairs – Horrorshow – Time for Heroes – Boys in the Band – Radio America – Up the Bracket – Tell the King – The Boy Looked at Johnny – Begging – The Good Old Days – I Get Along

Encore:

Mayday – Gunga Din – You’re My Waterloo – What Katie Did – The Delaney – Music When the Lights Go Out – What Became of the Likely Lads – Can’t Stand Me Now – Don’t Look Back Into the Sun

Encore 2:

Happy Birthday to You (Mildred J. Hill & Patty Hill cover) (Compleanno di Gary Powell)

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