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THE LADY

Di Luc Besson

Francia- Canada 2011

 E’ difficile stabilire fino a che punto certi film incentrati su personaggi di valore sono retorici o meno, e soprattutto chi lo può stabilire ?

Forse solo il nostro cuore e la nostra sensibilità sono in grado di farlo, meglio se basate anche sull’onestà morale.

A giudicare dal livello di intensità in cui le persone si sono fatte coinvolgere per la realizzazione di questo lungometraggio viene da pensare che siamo di fronte a qualcosa di estremamente forte e indiscutibilmente toccante.

La figura di una donna che subisce gravi limitazioni alla propria libertà personale a causa di un atteggiamento dispotico da parte dei governanti del proprio paese non è argomento da trattare con superficialità.

Quando Luc Besson, regista transalpino che ci ha regalato momenti di grande cinema (Nikita, Leon) e altri un po’ meno interessanti (“Il Quinto Elemento” e adattamenti di graphic novel), è venuto a conoscenza della sceneggiatura del film dedicato alla figura di Aung, la donna che ha subito un isolamente decennale in un paese, la Birmania, in cui i diritti umani non sono affatto riconosciuti, ha deciso di mettere da parte tutto il resto e di dedicare  completamente se stesso alla realizzazione di questa opera.

Tanti di voi come il sottoscritto avranno sentito nominare Aung San Suu Kyi, insignita anche del nobel nel 1991, senza approfondire più di tantoi fatti, ecco quindi l’occasione per fare luce su una delle pagine più inquietanti della storia mondiale. L’interpretazione da parte di Michelle Yeoh già nota per altri ruoli (“Easy Money”, James Bond del 97 e soprattutto ne “La Tigre e il Dragone”) conduce quasi alle lacrime, soprattutto se si pensa che la realtà non è affatto lontana, e che effettivamente nella realtà il compagno della protagonista ha condiviso con lei ideali e coraggio. Proprio la figura del marito, magnificamente impersonificato da David Thewlis, uno dei migliori attori inglesi che ricordiamo nelle splendide prime pellicole di Mike Leigh, qui anche in un dopio ruolo, rende forse meno profonda ma più familiare la storia, vista anche dalla parte di chi riesce a sostenere e a lottare per chi è in prima linea.

Perché vedere questo film ? Prima di tutto per realizzare l’invito che appare scrito ben chiaro alla fine della proiezione: “Usate la vostra libertà per promuovere la nostra”, e perche  ci si possa rendere conto di quanto i massimi sistemi del nostro pianeta siano regolati solo da bieche logiche di potere molto più di quanto si creda.

Il sostegno di un Nobel e di tante personalità come Desmond Tutu, Bill Clinton e Barack Omana non hanno ancora del tutto sortito gli effetti sperati e durante la realizzazione del film quando giunse la notizia della liberazione di Aung si arrivò persino a dubitare dell’importanza della produzione del film, ma la verifica di quanto fosse poi così labile quel gesto, contribuì a rendere ancora più importante questa pellicola.

Ricordiamo volentieri anche il sostegno di Bono, ormai forse più un affarista che un cantante (il recente frutto degli investimenti in FACEBOOK sembrano infatti avere risollevato non poco le finanze della sua compagnia) ma rimane un valido esponente di quelli che magari come noi, ingenuamente, ci credono e pur apparendo un po’ scontati, (soprattutto se facoltosi ) ci provano davvero.

Riferimento non causale anche all’arresto di Clooney in questi giorni nelle manifestazioni in USA a favore del Sud-Sudan.

Superba la scelta di inserire nel commento sonoro la celeberrima “When Love comes to town” cantata con B.B. King (risalente a uno dei momenti di maggiore espressività degli U2) per sottolineare il modo in cui Aung si presenta alla sua gente che ricorda poche altre figure di assoluto rilievo della nostra epoca, (Gandhi).

Non lasciatevi ingannare dalla parte oscura e reticente di Voi, e rendiamo onore ad un regista che ha confessato di essersi commosso durante le riprese di questo film,  che andrebbe proiettato nelle scuole.

Buona visione a tutti.

Fabio Vergani

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