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The Black Angels a Milano – il report

The Black Angels

17/09/2024

Circolo Magnolia di Milano

Di Valentina Zona / foto di Niska Tognon

Quando nel 2022 avevamo intervistato Christian Bland, chitarrista e back-vocal della formazione di Austin, Texas, ci aveva raccontato come il loro Wilderness Of Mirrors fosse stato una specie di terapia contro i mali del mondo; di come, posti di fronte alla rabbia, alla tristezza, alla frustrazione, alla violenza della società, la musica potesse essere una sorta di “chiamata alle armi”: “Invece di prendere una pistola e fare qualcosa di distruttivo, prendiamo le chitarre e facciamo qualcosa di bello”.
Il suono dei The Black Angels è quanto di più efficace si possa identificare oggi quando si dibatte di nu-psichedelia: potente, ma anche a suo modo sofisticato. Fedele ai crismi di genere, eppure con un tocco anarchico. Nostalgico e (forse anche per questo) assolutamente contemporaneo, insegue i fantasmi dei Velvet Underground & Nico, dei Beatles, di Ennio Morricone e di Syd Barrett.
La discografia dei The Black Angels fa l’effetto di un viaggio della mente; la loro musica assolve perfettamente quello che è uno dei compiti più nobili dell’arte: accompagnarci in un’evasione, senza dubbio necessaria, da questo spazio e da questo tempo, trascinandoci in una dimensione altra. Ascoltarli dal vivo avrà soddisfatto le aspettative?
È un martedì sera in quel di Segrate, e lo spazio all’aperto del Circolo Magnolia, sia pur non gremito all’inverosimile, pian piano si riempie. Alle 21,15 sono attesi i Nostri (che in alcune tappe del tour europeo stanno dividendo il palco con i Dandy Warhols, ma non in questa sede).
Puntualissimi, fanno il loro ingresso sulle note di I Wanna Be Your Dog di Iggy and The Stooges. La formazione è composta dal già citato Bland, il cantante Alex Maas, il chitarrista Jake Garcia, la batterista Stephanie Bailey e la new-entry, tastierista e bassista, Misti Hamrick.
L’attacco è affidato a uno dei loro brani di culto, Entrance Song, che a dire il vero suona sì potente, ma con un tiro a tratti incerto (forse a causa di un problema di setting degli effetti vocali). Si prosegue con El Jardin, tratta dal loro ultimo disco, e qui suona tutto giusto. Idem per The Sniper (da Phosphene Dream) e Hunt Me Down (da Death Song).
Il party psichedelico è decollato: le melodie iper-effettate di Maas hanno un ruolo fondamentale nella costruzione delle atmosfere (in generale, mi viene da pensare che questo sia uno dei pochi gruppi rock che ho ascoltato dal vivo in cui tutti gli strumenti sono veramente al servizio della voce); Bland prende raramente accordi pieni, soprattutto all’inizio lo vediamo trafficare tantissimo con la pedaliera (che negli encore gli giocherà un brutto tiro), mentre Garcia dà sostanza ritmica. Stephanie Bailey è precisa e implacabile (uguale al disco), mentre Missi Hamrick, prima al Mellotron e poi al basso, è ipnotica.
La scaletta è più lunga del previsto (gli show americani precedenti hanno avuto una durata di 1 ora circa); si prosegue con altri tre blocchi da circa cinque brani l’uno, con episodi a tratti esaltanti (su tutti Empires Falling). Il set si chiude con l’immancabile Molly Moves My Generation, e il pubblico li richiama immediatamente sul palco.
Qui qualcosa va storto, perché vediamo Bland chinarsi sulla pedaliera, con la chitarra che gracchia paurosamente. Interviene anche il roadie, ma la situazione non si sblocca. Va avanti così per un po’, e mentre noi tifiamo per il povero roadie (e per Christian, che sta sudando freddo), gli altri temporeggiano con impassibile aplomb – soprattutto Maas, che prende in mano la situazione improvvisando un brano solo voce e tastiera. Quando la situazione pare essersi risolta, esultiamo tutti con un applauso, ma in realtà è una finta, perché Bland riesce a finire la canzone, ma quelle successive sceglierà di farle al basso, scambiandosi lo strumento con Garcia, che si attacca alla sua chitarra. È un piacevole imprevisto, più che un disastro, perché se non altro assistiamo a un esempio pratico di problem solving e lavoro di squadra (scambiarsi lo strumento vuol dire anche scambiarsi le parti, sembra banale ma non lo è). Fila tutto abbastanza liscio: c’è meno mordente ma l’atmosfera non si guasta e il divertimento è quasi intatto.
Sono circa le 23, la festa è finita. Provo a recuperare una scaletta, qualcuno è più fortunato di me però mi lascia fare una foto. Sopra ci hanno scritto anche gli accordi.
Fa freschino a Segrate. Me ne vado con la sensazione di aver dato un saluto psichedelico all’estate. È stata una festa un po’ sgangherata, ma alla fin fine una bella festa.

SETLIST
Entrance Song
El Jardin
The Sniper
Hunt Me down
Firefly
UKR
Dheer-Ri-Shi
Empires Falling
Grab As Much (As You Can)
Manipulation
Yellow Elevator
The River
History of The Future
I Dreamt
Snake In The Grass
Molly Moves My Generation
Without A Trace
Black Grease
Science Killer
Always Maybe
Sister Ray

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