SUMMER dal 15 Novembre al cinema
Esce il 15 novembre nei cinema italiani il pregevole film che il regista russo Kirill Serebrennikov ha dedicato alla scena rock underground della Leningrado degli anni ‘80 (oggi San Pietroburgo). Presentato al Festival di Cannes 2018, Summer (traduzione letterale del titolo originale Leto) racconta le vicende di alcuni musicisti della città che allora faceva parte dell’Unione Sovietica, ispirate alla storia di uno dei gruppi di culto dell’underground sovietico, i Kino, formazione post-punk nata nel 1981 e attiva fino al 1990, l’anno della morte in un incidente stradale del leader, Viktor Coy (inglesizzato in Tsoy o Tsoi). Provenienti da altre formazioni e inizialmente attivi sotto il nome di Garin i Giperboloidy, i tre musicisti, Viktor Coj, voce, basso e chitarra, Aleksei Rybin, chitarra e Oleg Valinsky, batteria, nel 1982 incontrano Mike Naumenko, figura influente e affermata del rock sovietico con i suoi Zoopark, e cambiano nome in Kino (scelto per la sua brevità ed immediatezza).
Ed è questa la fase della storia che il film Summer racconta: l’incontro di Viktor con Mike (interpretato dal cantante Roma Zver) e la trasformazione dei Kino in una band di successo, grazie alla guida e ai consigli di Mike, indispensabili per contenere il carattere spigoloso e ribelle di Victor, non propriamente un lasciapassare nella Leningrado controllata dal regime sovietico che mal tollerava gli atteggiamenti trasgressivi e la musica rock occidentale. Gli idoli di Viktor sono invece Lou Reed, Iggy Pop, David Bowie, T-Rex, Blondie, come quelli di Mike, il quale però ha dovuto rinunciare alla rabbia e alla ribellione per poter continuare a suonare e a vivere con la sua musica senza incorrere nella censura del regime. Nel film gli viene rinfacciato a più riprese, anche dagli amici, che la sua musica non è di contestazione, non tratta temi sociali o politici, e Mike ne è fin troppo consapevole. I suoi sogni giovanili si sono spenti e ora vede in Viktor un po’ di se stesso da giovane, con la voglia di cambiare il mondo e di non farsi sottomettere dalle regole e dalle restrizioni di una regime oppressivo. Questa è una delle linee principali su cui verte la trama del film: il confronto tra due generazioni, di fatto distanti pochi anni ma sufficienti a consentire un approccio completamente diverso verso la società e la musica. Conservatore e allineato quello di Mike, anticonformista e dissidente quello di Viktor, figlio della sua epoca, gli anni ‘80 del post-punk e della caduta del muro di Berlino.
Mike vede in Viktor l’occasione per realizzare quello che era il suo sogno da giovane e lo sostiene in ogni modo, sorvolando anche sulla stretta relazione che nasce tra Viktor e sua moglie Natasha (nella realtà Natalia, sulle cui memorie il film è peraltro basato). Per Mike è comprensibile l’attrazione provata da Natasha per ciò che Viktor rappresenta, ovvero tutti i sogni e le aspirazioni che un tempo erano i suoi.
Il regista riesce a far immedesimare lo spettatore in questa sensazione di fallimento e di rassegnazione di Mike e della stessa società sovietica dell’epoca, anche attraverso l’uso del bianco e nero che rende tutto più malinconico e a tratti claustrofobico, nel quale però vengono inserite ogni tanto delle scene dal ritmo concitato e allegro, attraversate da giochi di colore con un taglio fumettistico, riferite ai momenti basati sull’immaginazione dei protagonisti, scene ‘parallele’ alla narrazione principale, sempre annunciate dal personaggio dello Scettico, tramite le quali si mostra allo spettatore come le cose sarebbero potute andare diversamente, se solo fossero accadute in un altro contesto, in un’altra nazione e non nella Leningrado sovietica degli anni ‘80. Ma la situazione oltrecortina stava per cambiare radicalmente e i Kino sarebbero diventati una band di culto, nella finzione cinematografica come nella realtà, osannati in tutta l’Unione Sovietica, quasi come i Beatles.
In fondo l’estate raccontata nel film è un po’ una Summer of Love sovietica.
Rossana Morriello