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Stockholm Slaughter

Stoccolma | 29 Aprile | Fryshuset

Dalla collaborazione tra le agenzie District19, Vienna Metal Meeting  e Death Disco Productions nasce quest’anno un festival che ha fatto tremare di trepidazione la Svezia fin dai primi annunci: Stockholm Slaughter. L’evento si è tenuto nella nota Fryshuset, locate posizionato strategicamente nella zona centrale di Stoccolma e dotato di due palchi, quello principale, l’Arenan, e quello sottostante, il Kubben. Il Fryshuset offre una serie di bar e aree merch dove i fan possono degustare un’ampia scelta di birre e affini locali e scatenarsi nell’acquisto di magliette e felpe esclusive, oltre a album e CD da collezione. Data la scaletta di fuoco con i grandi Watain in posizione di headliner e band del calibro dei Solstafir, Necrophobic, Gaahls Wyrd e Schirenc Plays Pungent Stench, la notorietà degli organizzatori e della venue, l’evento attrae non solo i metalhead scandinavi ma anche quelli provenienti dal resto dell’Europa e del mondo, tra il pubblico si notano fan provenienti da Regno Unito, Germania, Italia, Francia, Stati Uniti, Colombia e Brasile. Stockholm Slaughter alla sua prima edizione ha già fatto centro come uno dei festival di metal estremo più ambiti a livello internazionale.

Spetta agli svedesi The Curse il compito di apripista al Klubben, che partono alle 14.15 con un set che decisamente merita attenzione: le loro sonorità death di base e impregnate di occultismo sono rese trascinate e oscure all’accesso grazie alla prodezza del frontman Karl Envall con il suo growling cavernoso e i suoi attacchi di basso impetuosi. L’umore del pubblico è visibilmente alle stelle per la prima band prevista all’Arenan: si tratta degli americani di Chicago Hellfire Deathcult che con il loro black/death micidiale sparato a mille in contemporanea a raffiche di luci rosso fuoco trasportano nel cuore degli inferi, dove oscurità e veemenza non hanno limite. Il sound non è perfetto, risente di qualche difficoltà tecnica, sulla quale comunque il pubblico sorvola grazie all’atmosfera animalesca e alla marcata presenza sul palco da parte di Alejandro Alcantara e Reyes Perez. I Mortuus passano quasi inosservati, ma ci pensano gli svedesi Månegarm a risanare le acque con il loro black dalle sfumature folk che riprende le avventure degli eroi del passato. Gli Entrails si dimostrano all’altezza delle band di prestigio nonostante la giovanissima età del frontman Pontus “Penki” Samuelsson. Il loro sound non ha paragoni, death all’ennesima potenza ma con una marcia in più data dalla maestria del grande Jimmy Lundqvist. Il pubblico del palco principale è pronto e surriscaldato per dare il benvenuto alla band del momento: gli islandesi Sólstafir. Visibilmente in forma e pronti all’uscita del loro prossimo album Berdreyminn, prevista per il 26 maggio tramite Season Of Mist (https://shop.season-of-mist.com/catalogsearch/result/?q=Solstafir), i Nostri conquistano il pubblico con le loro sonorità eteree, abbondanza di linee acustiche delicate e ricche di colore che degradano in stratificazioni più veloci e vibranti. Tra le digressioni placide della mitica Otta il set dei Sólstafir fa decisamente colpo tra il pubblico, desideroso di non perdersi un solo istante di questo oblio. L’unica pecca: in contemporanea al Klubben i famigerati Archgoat si lanciano nel loro black blasfemo e avvincente, è un peccato perdere parte del loro set sfavillante, sono in molti infatti a pianificare di seguirli al loro prossimo tour europeo che partirà da Praga il 17 settembre (http://www.district-19.com/archgoat-bolzer-svartidaudi-eggs-gomorrh-tour-announced/). Dopo la successione degli olandesi Urfaust e dei portoghesi Moonspell, è il turno degli svedesi Necrophobic, una delle band più attese del festival. Con la rimpatriata dei chitarristi Sebastian Ramstedt e Johan Bergebäck la formazione ritorna al completo e conferma di avere tutte le carte in regola per i prossimi capitoli discografici e concerti live. Il loro è un black intriso di fuoco e fiamme e di cavalcate rockeggianti che fanno ribollire il sangue nelle vene. A metà percorso i Nostri si lanciano in una versione esplosiva di Furfur, tratta dal loro ultimo album Womb of Lilithu uscito nel 2013. Il frontman Anders Strokirk incita i presenti a lanciarsi in reazioni sfrenate, grazie alla sua spiccata presenza sul palco e all’unione solida e compatta con il resto della ciurma. Seguono i connazionali Tiamat con il loro death doomeggiante che calma l’atmosfera in preparazione degli ultimi tre set della giornata. Il nuovo progetto di Gaahl (leggi Gorgoroth, GodSeed, Wardruna), Gaahls Wyrd, prende possesso del Kubben con un black maligno ma al contempo molto strutturato grazie alle doti canore del frontman. Dopo la mezz’ora scarsa di scariche adrenaliniche e spirito rock’n’roll dei Schirenc Plays Pungent Stench che trasporta tra gli allori del passato con una versione galattica di Viva La Muerte, è arrivato il momento dei sovrani indiscussi del festival. I Watain festeggiano il decennale del loro secondo opus Casus Luciferi con un concerto che verrà sicuramente ricordato: il palco adibito ad altare per la loro consueta messa nera sembra sia stato allestito dal demonio in persona, l’oscurità spettrale si trasforma in un elisir seducente dal momento in cui il frontman Erik Danielsson arriva sul palco, con tanto di torcia, per dare avvio a un set stellare con la diabolica Devil’s Blood. Il fuoco è l’elemento portante di questa sequenza maligna che raggiunge il culmine con Opus Day (The Morbid Angel) e I Am The Earth. Il black dei Watain è coeso e brutale e non conosce limiti, la loro ora abbondate di gloria e discesa tra gli abissi infernali potrebbe durare all’infinito.

Stockholm Slaughter: un festival che sicuramente merita molte edizioni future.

Fabiola Santini (testo e foto)

 

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