STEVEN WILSON
Firenze | Teatro Obihall | 27 aprile
Il nostro paese ha sempre avuto un rapporto speciale con Steven Wilson, fin da quando ha mosso i primi passi dall’Inghilterra con i suoi Porcupine Tree.
Oggi il rapporto con il geniale artista inglese si rinsalda in questo fortunato momento della sua carriera solista che lo vede in forte crescita di popolarità, grazie a quattro album di grande spessore che hanno messo d’accordo pubblico e critica specializzata e ad un’intensa attività live.
La data di Firenze continua il tour dell’album “concept” Hand.Carnot.Erase. sulla cui scia s’inserisce il recente EP 4 1/2, raccolta di brani non inseriti negli ultimi album, tutti di ottimo livello.
Ad accogliere il nostro all’Obihall di Firenze un folto pubblico di appassionati di ogni età, vecchi fan e nuove leve, fra cui anche giovanissimi, attratti dal suo complesso linguaggio progressive che viene.
Lo show si divide in due parti, nella prima viene eseguito l’intero album Hand.Cannot.Erase e nella seconda brani tratti dai lavori solisti e dal repertorio dei Porcupine Tree.
A fare la differenza con i precedenti appuntamenti italiani è proprio l’atteggiamento di Wilson che dialoga e scherza con il pubblico in una serie di monologhi e quesiti frutto di un inteso e ormai consolidato feeling fra l’artista ed i fan nostrani.
Wilson ricorda la sua data a Firenze con i Porcupine Tree nel 2001 per poi scherzare sul clima “molto inglese” che ha trovato in questa nuova occasione. E regala anche un botta e risposta sui significati “deprimenti” della sua musica: “ora la mia negatività l’avete presa voi” scherza ancora l’artista con il pubblico divertito.
Già nella prima parte dello show troviamo una band compatta e potente, con un Craig Blundell granitico e preciso alla batteria che da mera sostituzione dell’astro Marco Minnerman è diventato la rivelazione in questa coda di tour. Buona anche la prestazione chitarristica di Dave Kilminster sulla scia dell’accreditato Guthrie Govan. Restano una certezza assoluta il versatile Nick Beggs al basso ed il virtuosistico Adam Holzman alle tastiere. Alla proverbiale perfezione tecnica della band si aggiunge un calore ed una passione nell’esecuzione dei brani che diventa un valore aggiunto.
Tutto viene supportato da un notevole light show e da un uso di filmati che aiutano la narrazione ispirata alla tragica storia di Joyce Carol Vincent.
Dopo l’intervallo, lo spettacolo ricomincia con Dark Matter. Steven appare in pubblico con una shirt raffigurante il logo di Blackstar, ultima opera del compianto David Bowie, che viene omaggiato più volte sia attraverso citazioni che con l’esecuzione di un altro classico dei Porcupine Tree: Lazarus. Potenza sonora ed impatto visivo colpiscono il pubblico con Harmony Korine, Index e Sleep Togheter, tratti rispettivamente dai primi due album solo di Wilson e da Fear of blank planet ancora dei Porcupine Tree.
Non mancano brani tratti dall’ultimo EP: la godibile My Book Of Regrets, Vermillioncore con il suo crescendo strumentale e la nuova versione di Don’t hate me dai suoni psichedelici.
Ma la vera chicca è la cover del brano di Prince Sign O’ the time, che viene trasfigurata nel suono tipico dell’estetica wilsoniana, fra chitarre distorte e geometrie ritmiche.
Il finale è affidato, come di consueto, a The Raven That Refused To Sing, canzone struggente e tristissima che avvolge tutta la platea in un’ombra misteriosa per poi dissiparsi all’improvviso, lasciandoci la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo unico, un rituale che si consuma ancora una volta fra noi italiani e la stella sempre più luminosa di Mr. Steven Wilson.
Paolo Pagnani
ph Lasse Hoile
SETLIST:
Set 1
Hand.Cannot.Erase
First Regret
3 Years Older
Hand Cannot Erase
Perfect Life
Routine
Home Invasion
Regret #9
Transience
Ancestral
Happy Returns
Ascendant Here On…
Set 2
Dark Matter
Harmony Korine
My Book of Regrets
Index
Lazarus
Don’t Hate Me
Vermillion Core
Sleep Together
BIS
Sign ‘O’ The Times (Prince)
The Sound Of Muzak
The Raven That Refused To Sing