
SLINT sulla soglia della vita adulta
Trent’anni di Spiderland: un invito a esplorare l’abisso
Come molti nati negli anni ’80, vivo mio malgrado uno svantaggio generazionale: ho scoperto tanta della musica destinata a segnarmi indelebilmente soltanto dopo che quella stessa musica aveva già “formalmente” esaurito la sua parabola. Il punk, il post-punk, la new wave: tanti, troppi paradigmi musicali – per motivi meramente anagrafici – non ho potuto viverli nel loro pieno svolgersi, ma di riflesso; infinite scoperte in differita, che tuttavia mi hanno rivelato un prodigio perdurante che solo certa musica possiede: la capacità di replicare all’infinito la sua potenza, oltre i limiti dello spazio-tempo. Ascoltare certi dischi è come aprire un portale in grado di trascendere i decenni e le ere, per farci trovare intatto il messaggio cifrato che vi si nasconde. Potrei citare innumerevoli esempi di musica interiorizzata fuori tempo massimo, che mi ha travolto come se fossimo nate sincrone, lei ed io. Il post-rock inventato dagli Slint è forse uno dei casi più eloquenti.
Su Rockerilla Marzo l’articolo di Valentina Zona.