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Shane MacGowan e i Pogues nel documentario di Julien Temple

Shane MacGowan è una delle figure più autenticamente punk e i Pogues una delle band più amate proprio per questa autenticità, oltre che per la musica. Un personaggio con una storia particolare, profondamente radicata nell’Irlanda da cui proviene, irriverente, provocatorio, ironico. Solo la mano di un grande regista come Julien Temple poteva restituirne le molte sfaccettature che troviamo nel documentario Crock of Gold: A Few Rounds with Shane MacGowan (UK 2020), in proiezione su piattaforma streaming in questi giorni al Seeyousound.

Il documentario è profondo, ironico, duro, commovente, e non lascia certo indifferenti, fin dalle prime scene che vedono il protagonista, oggi ultrasessantenne, avanzare lungo un corridoio su una sedia a rotelle, conseguenza di una caduta che gli ha provocato una frattura pelvica e di una vita di abusi di alcol e droghe. L’idea del documentario però è di Johnny Depp, amico di MacGowan, che è anche una delle persone con cui il protagonista dialoga nel film e a cui racconta i ricordi. Gli altri sono Victoria Mary Clarke, la giornalista irlandese che ha sposato nel 2018 dopo una lunga relazione, Bobby Gillespie (Primal Scream), Gerry Adams, lo storico ex leader del movimento indipendentista irlandese Sinn Féin, e vari altri tra i quali Siobhan, la sorella di Shane e i genitori.

Il documentario comincia proprio dalla famiglia e dalla vita vissuta in campagna nell’infanzia, con la sua iniziazione all’alcol a sei anni, quando già beveva due Guinness di seguito, prima di passare, pochi anni dopo, al whiskey. Intanto diventa un fervente cattolico e ascolta la musica tradizionale irlandese, soprattutto di protesta. Comincia quindi a crearsi una coscienza critica sulla storia d’Irlanda e sui motivi di conflittualità con l’Inghilterra. Temple non prescinde da questi aspetti nel suo racconto, cominciando dalla Grande Carestia che per varie cause, inclusa la politica repressiva inglese, portò alla metà del 1800 alla morte di oltre un milione di persone e a una massiccia emigrazione verso gli Stati Uniti. Poi richiama la Rivolta di Pasqua per l’indipendenza dall’Inghilterra nel 1916 e ovviamente il conflitto nordirlandese culminato nella sparatoria dell’esercito britannico contro i manifestanti irlandesi nella Bloody Sunday del 1972.

Una consapevolezza e una rabbia che MacGowan coltiva anche con numerose letture di autori irlandesi e che troverà una valvola di sfogo alla fine dei 70’s con il punk. È ancora a Londra, dove è stato ricoverato in una clinica per disintossicarsi, e là assiste a un concerto dei Sex Pistols che gli cambia la vita. Nella clinica aveva scritto il primo brano, Instrument of Death, e subito dopo fonda il suo primo gruppo punk, The Nipple Erectors, insieme alla bassista Shanne Bradley. Non dimentica mai la sua identità e non rinuncia mai alla sua ironia provocatoria, tanto che quando Johnny Rotten lo definiste “Brit”, perché porta una giacca con la bandiera britannica, Shane comincia a girare con la scritta IRA sulla fronte, portando una pecora al guinzaglio per le strade di Londra. Il suo obiettivo è affermare la cultura irlandese e con la fine del punk decide di creare un gruppo che recuperi la musica tradizionale in chiave punk. Nascono i Pogues e il successo arriva innanzitutto grazie ai tanti irlandesi che vivevano a Londra. Le canzoni parlano di tradizioni e mitologie irlandesi, di lotta, di bevute, di donne, di povertà, di emigrazione, dando voce musicalmente a un popolo che fino ad allora non l’aveva avuta. E Shane continua a bere perché, dice, “non potevamo mica suonare sobri davanti a una platea di gente ubriaca o fingere”.

Quando il successo aumenta e arriva un nuovo produttore che li porta a un tour mondiale fitto di date nel 1998, comincia la crisi. MacGowan si avvicina all’eroina e presto è costretto a lasciare il gruppo. Non smetterà di fare musica, tra alti e bassi, ritornando per un periodo anche nei Pogues. All’inizio del documentario Shane MacGowan dice, con una battuta irresistibile, che era destinato a salvare la musica irlandese e di certo l’ha fatto, aprendo la strada ad artisti più giovani come Lisa O’Neill, che partecipa, insieme a Depp, Bono Vox, Nick Cave e molti altri, alle celebrazioni per il suo sessantesimo compleanno nel 2017, e dando vita al genere che oggi chiamiamo Celtic punk. Doveroso dunque il bel tributo di Julien Temple al cantante dei Pogues voluto dall’amico Johnny Depp. 

Rossana Morriello

SEEYOUSOUND 7 International Music Film Festival

19 – 25 febbraio 2021 | online on demand su PLAYSYS.TV

www.seeyousound.org

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