ROBERTO “FREAK” ANTONI | Ricordo
Morto un Papa se ne fa un altro. Si usa dire. Ma difficile pensare a un altro “Freak” Antoni venuto a mancare quello originale. Partiamo da quello che avete già letto un po’ ovunque e sapete, cioè Roberto è morto e celebri furono alcune sue esibizioni con gli Skiantos e bla, bla, bla. Tutta roba presa in prestito da Wikipedia. I più attenti avranno colto, nelle ultime ore, anche l’intenzione di rendergli omaggio da parte del Festival di Sanremo, perché come spesso accade (il caso De André è il più eclatante) in Italia ci si accorge del talento solo quando il corpo è ancora caldo oppure già sotterrato e quindi via di elogi postumi con interminabili supercazzole di mascettiana memoria. Toccherà (e sta toccando) anche al buon “Freak”, è una legge non scritta.
Ma che tipo era Roberto “Freak” Antoni distante dalle cosiddette luci della ribalta? Dunque, sappiate che gli artisti si possono dividere in diverse macro categorie, specialmente quando sono lontani dalle telecamere o dai microfoni delle radio. Ci sono insospettabili stronzoni che in pubblico fanno sempre sorrisi e dispensano umiltà ignorando persino il significato più vago del termine appena espresso, e naturalmente ci sono artisti che magari peschi incazzati e la volta successiva gentilissimi oppure viceversa. Poi ci sono quelli che ti rispondono a monosillabi e dopo cinque minuti di orologio hai finito le domande, e quelli che dopo un’ora sei a metà dell’intervista. Roberto era di una cortesia disarmante e faceva parte di quest’ultima schiera: per intervistarlo dovevi fare tabula rasa degli impegni più vicini perché lui amava parlare, amava entrare dentro il significato delle cose. E, sorpresa, non era mai noioso. E, altra sorpresa, non era il cazzone che ti aspettavi potesse essere, ma era un Lord, uno che rispondeva con serietà e senza fare il simpatico, ti buttava lì qualche aforisma dei suoi ma sempre per arricchire il concetto, mai per abbellire il vuoto.
Ogni volta che ci sentivamo, la domanda sugli Elio E Le Storie Tese era d’obbligo. «Il grande successo lo hanno raccolto gli “Elii” e non noi? Picasso diceva: “Esiste l’artista che inventa qualcosa, ed esiste chi dopo 10 anni fa la stessa cosa ma nel modo giusto”. Ecco, credo che questa riflessione d’autore possa aiutare a comprendere i due fenomeni artistici: gli “Elii” sono arrivati 15 anni dopo di noi, e hanno avuto la possibilità di aggiustare meglio il tiro». Mentre verso Sanremo, quel Sanremo che forse lo celebrerà, nutriva odio/amore: «A noi il Festival non ci volle. Anno 1980, dovevamo partecipare, avevamo la canzone pronta, e poi una voce stroncò la nostra partecipazione: “Gli Skiantos vogliono bestemmiare in diretta televisiva e poi denudarsi”. Morale: esclusi!». Insinuazioni, Roberto? «Non avremmo mai fatto cose così stupide. Ancora oggi non mi spiego come siano nate certe voci. Pazzesco: ci misero alla porta partendo da semplici timori».
Col mondo della musica e coi canali della comunicazione era incazzato. Spesso gli chiedevano che fine avessero fatto gli Skiantos: «Starebbero bene se ci fosse un po’ di pubblicità e promozione attorno al loro nome. Le nostre canzoni non passano in radio e la gente spesso ci chiede se ci siamo sciolti o meno. E invece esistiamo, facciamo concerti, ma c’è come una sorta di ostracismo nei nostri confronti. A tanti hanno dato una seconda chance, a noi mai». Tranquillo, Roberto “Ex Bambino Prodigio”, ora te ne daranno a bizzeffe.
Francesco Casuscelli