NEIL YOUNG & CRAZY HORSE
+ DEVENDRA BANHART
Lucca, Piazza Napoleone
25 luglio
Il cavaliere nella tempesta sonica. Un titano dal cuore d’oro che sparge con gesti antichi e generosi assoli acuminati, bordate di accordi granitici e versi immortali in un diluvio biblico di emozioni violente e indelebili.
Questo è Neil Young. Questo è il Rock Assoluto.
Niente di meno e molto di più. Perché Powderfinger, Ramada Inn, Love And Only Love, Mr. Soul, Psychedelic Pill, Heart Of Gold, Human Highway, Everybody Knows This Is Nowhere non solo ne hanno tracciato la storia così come l’abbiamo appresa e amata, ma soprattutto come la ricorderanno i posteri.
E l’elenco non abbraccia che la metà appena della scaletta srotolata da Neil Young e i Crazy Horse nella loro prima rimpatriata italiana in dodici anni. Una selezione tanto più entusiasmante perché largamente inattesa, spigolata e assortita tra le pagine di un canzoniere che nemmeno ha trascurato di includere due inediti assoluti su disco: la ballata Hole In The Sky, a precedere il segmento acustico e “pacificato” del concerto, e Singer Without A Song, il solo momento del programma in cui Young mette da parte la chitarra per sedere di fronte ad un pianoforte. Tra l’uno e l’altro anche il meno scontato e banale omaggio a Bob Dylan: una Blowin’ In The Wind che somma in sé palingenesi ed epos della generazione hippy.
Esaltazione e malinconia in moto pendolare e perpetuo. Ci sarà mai un’altra occasione, un’altra “alchimia” altrettanto felice e potente di questa ottenuta nel suo Alchemy Tour? Ecco la domanda che Neil Young lascia cadere impietosa sulla platea frastornata, ammirata e commossa di Lucca.
Di certo c’è che al momento nessuno appare in grado di rilevare il testimone da un gigante del genere. Tanto meno quel Devendra Banhart che da grande dà l’idea di avviarsi a diventare un altro Vampire Weekend assai più facilmente che un altro Jeff Buckley.
Elio Bussolino