Napalm Death
+ Brujeria + Power Trip + Lock Up
Bologna | Zona Roveri | 18 Maggio
Avevano promesso che sarebbero tornati a Bologna. E lo hanno fatto, questa volta da headliner.
Il pubblico bolognese, gelato dall’improvviso forfait di Mark Greenway di due anni fa, durante del Deathcrusher Tour, lo meritava. In quell’occasione, a sostituire (dignitosamente) “Barney” c’era Chris Reese dei Corrupt Moral Altar, ma l’assenza dello storico cantante dei Napalm si era sentita, eccome. Senza l’inconfondibile growl e la presenza scenica del suo frontman, la band britannica era sembrata monca, nonostante una performance potente e senza sbavature.
Il protagonista assoluto della serata, però, non è lui ma Shane Embury, costretto agli straordinari. Sia nei Lock Up, che aprono le “danze” alle 19,30, sia nei Brujeria, il suo basso distorto è un elemento fondamentale e, dunque, la sua presenza imprescindibile. Shane si riposa solo durante l’attesa performance dei Power Trip, una band giovane che sta facendo molto parlare di sé nel panorama del metal estremo. I texani sono saliti sul palco dello Zona Roveri senza timore reverenziale e con tutto il loro campionario di death metal old school contaminato qua e là da sprazzi di crossover. Il pubblico, non molto numeroso, a dir la verità, apprezza, e, senza risparmiare le forze, comincia a pogare. Sono appena le 20,30.
La line up dei Brujeria è praticamente la stessa dei Lock Up (Embury, Nicholas Barker e Anton Reisenegger) con l’aggiunta dei due vocalist. E sono proprio i due “signori della droga”, con continui siparietti e slogan provocatori (l’ultimo dei quali, Viva Presidente Trump!, viene accostato alle vecchie invettive contro Castro) ad aggiungere sale ad una performance un po’ piatta, costruita sui soliti “numeri” (Brujerismo, Matando Güeros, il finale farsesco con Marijuana) e schiacciata tra i convincenti Power Trip e gli inarrivabili Napalm Death, cui lasciano il posto attorno alle 22,30.
Stavolta niente scherzi dell’ultim’ora. Con i Napalm al completo e con più tempo a disposizione rispetto a quando avevano “aperto” due anni fa per i Carcass, è tutta un’altra musica. Inconfondibile nel suo accento British, con cui indirizza al pubblico continui messaggi politici “antagonisti”, Barney guida la band per un’ora e mezza di grind core senza compromessi. La scaletta del Campaign For Musical Destruction Tour ricalca quella di due anni fa, con i brani dell’ultimo album Apex Predator in primo piano, ma anche più spazio al passato della band.
L’apertura, con Evolved as One e It’s a M.A.N.S. World, è di quelle che lasciano a bocca aperta. È da lì che tutto è cominciato, quando, dopo l’uscita di Scum e From Enslavement to Obliteration, il grind core sconvolgeva il mondo con la sua aggressività senza limiti e confini.
Senza risparmiarsi, i Napalm Death attraversano tutta la loro storia da capo a fondo, alternando le atmosfere lisergiche di Dear Slum Landlord, alle provocazioni del primo album, degnamente rappresentato dalla sequenza Scum/The Kill/Deceiver/You Suffer, fino alla acclamatissima Suffer The Children, tenuta in caldo per un finale travolgente insieme alla cover dei Dead Kennedys Nazi Punks Fuck Off (un inno più che mai attuale) e il “medley” Adversarial/Copulating Snakes.
La “campagna per la distruzione musicale” è compiuta.
Daniele Follero