MANU DIBANGO
Lo sciamano africano
L’etichetta francese Hot Casa fondata nel 2002 da Julien Lebrun e Djamel Hammadi aka Afrobrazilero, compulsivi diggers/dealers di dischi rari, dopo quasi cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione, ha ridato voce a questo capolavoro del 1972, divenuto un oggetto molto ricercato dai collezionisti. L’occasione giusta per raccontare la particolarissima storia di queste registrazioni e l’epopea di questo straordinario musicista, Emmanuel N’Djoké Dibango, prima del suo esplosivo successo mondiale.
Manu Dibango nasce a Douala in Camerun nel 1933 e poco più che decenne viene mandato, da solo, a studiare in Francia. Dopo i primi anni di solitudine Manu arriva al Liceo e lì conosce altri ragazzi africani e finalmente fa nuove amicizie, tra cui Francis Bebey con il quale formerà la sua prima orchestrina. Cresce ascoltando il jazz di Duke Ellington, ma anche tutto quello che va di moda nella Francia degli anni ’50: dalle chansons francesi, alle musiche latine e di alcuni artisti africani che i compagni di scuola gli propongono. In questi anni Manu si appassiona alla musica e in breve impara a suonare diversi strumenti: il piano, il mandolino e il sax. Suo padre dal Camerun apprende delle attività e delle velleità musicali del figlio, su cui aveva investito tanto perché diventasse un funzionario dello Stato e gli scrive una lettera di fuoco con cui, considerandolo un disonore per la famiglia, gli comunica la decisione di tagliargli i viveri. Manu termina l’anno di studi e, senza un soldo, emigra a Bruxelles dove si iscrive all’Università e si mantiene suonando jazz al Tabou. Inizia così la sua carriera di musicista professionista. Un periodo difficilissimo, avaro di soddisfazioni fino all’incontro con il re delle hit parade: Nino Ferrer. In quel periodo l’autore de La pelle nera è nei guai perché il suo organista vuole abbandonarlo e lui cerca un sostituto. Un musicista di colore sarebbe l’ideale e Nino propone il posto a Manu. Lui non ha mai suonato l’organo Hammond ma accetta senza esitazione, anche con soli tre giorni di tempo per far pratica su un organo di fortuna. Inizia così un periodo felice per Manu. In breve tempo conquista la fiducia di Nino e diventa il suo direttore d’orchestra. Suonano rhythm’n’blues à la Otis Redding. Arriva il 1969 e Manu incide il suo primo album, Saxy-Party, con tanto soul ma poca Africa, ma non ricava soldi dalle scarse vendite, anche se il disco è stato pubblicato da una major. È allora che incontra Rolande Le Couviour, che si occupa degli artisti africani che incidono per la Decca, che lo prende in simpatia, lo aiuta a rompere il contratto precedente e lo ingaggia, lasciandogli anche maggiore libertà d’azione e Manu inizia così a comporre brani con sonorità sempre più africane. Il secondo disco, uscito a suo nome, gli apre le porte dell’Africa. È l’inizio della conversione verso l’afro-jazz e il rare groove.
Ma prima di diventare una star, nel 1971 Manu si trova a registrare allo studio Pathé-Marconi brani strumentali destinati al cinema, alla televisione e alla pubblicità. L’artista
sperimenta vari generi: soul, jazz, afro-funk e latin, creando una miscela di sapori sonori deliziosa. Queste registrazioni non erano indirizzate alla pubblicazione su disco, basti pensare che Groovy Flute, il brano di apertura, era destinato alla pubblicità di una marca di polli! Resta oscuro il motivo che spinse la label Musique Pour L’Image, a pubblicare questo disco, straordinario manifesto dell’afro-soul, in seguito ricercato da molti collezionisti.
Il resto della vita di Manu Dibango è ormai storia. Nel 1972, in occasione della Coppa d’Africa di calcio svoltasi in Camerun, Manu Dibango viene incaricato di scrivere l’inno. Lui compone il brano ma al momento della pubblicazione si trova spiazzato perché deve pensare ad un secondo brano per il lato b. Preso alla sprovvista propone un brano a cui stava lavorando e in cui credeva poco, Soul Makossa. Il Camerun perde la coppa, ma inspiegabilmente il lato b del 45 giri diventa una hit su tutte le radio. Il successo arriva fino in USA e nel 1973 Manu sarà protagonista di una tournée mondiale che lo vedrà esibirsi all’Olympia di Parigi, all’Apollo Theatre di Harlem, allo Yankee Stadium davanti a 40.000 persone e al Madison Square Garden di New York con 35.000 spettatori. Arriverà addirittura ad essere “campionato” dal re del pop Michael Jackson, che utilizzerà il suo celebre ritornello “Mama-say, mama-sa, ma-ko-ma-ko-ssa” per il suo hit Wanna Be Startin’ Somethin’. Gianni Tarello
Manu Dibango è morto a Parigi il 24 marzo 2020 a causa del Coronavirus.