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LE CHOC DU FUTUR

Un film dedicato alle donne nella musica elettronica

Le choc du futur, opera in concorso al 37° Torino Film Festival, è il lungometraggio di esordio del regista francese Alain Collin, musicista, produttore e compositore di colonne sonore. Il film è ambientato a Parigi alla fine degli anni ’70 e racconta della scena musicale di quegli anni e in particolare della crescente diffusione della strumentazione elettronica che consentirà nuove sperimentazioni nella musica. Il sintetizzatore ha avuto proprio in quegli anni un’evoluzione tecnologica che ne espanderà l’utilizzo e l’applicazione a vari generi musicali. Fino ad allora solo monofonico, da fine ’70 il synth diventa polifonico e sequenziale ovvero con la possibilità di memorizzare e riprodurre i suoni, determinandone la velocità di riproduzione. Anche la drum machine è nata in quel periodo. Di entrambi si parla nel film di Collin.

La protagonista del racconto è Ana, interpretata da Alma Jodorowsky, nipote del regista Alejandro Jodorowsky, una ragazza che compone musica elettronica, sperimentando con quelle nuove attrezzature, il synth, la drum machine, ed è affascinata dai suoni che un amico le fa ascoltare portandole dischi, allora in vinile e musicassetta, di gruppi come Throbbing Gristle, Devo e Suicide.

La musica elettronica non era una novità, né lo era il sintetizzatore già ampiamente usato nel prog, ma a fine anni ’70 i miglioramenti tecnici permettono di estenderne l’uso alla disco music, al pop, al punk. Ci fu una sorta di piccola rivoluzione, una cesura piuttosto netta, anche come reazione al progressive, ai rimasugli della cultura hippie e di fatto anche al punk, visti ormai come generi superati. In una scena del film in cui gli amici di Ana sono radunati a una festa si vedono bene le diverse anime musicali dei 70’s e come le generazioni più vecchie, anche esteticamente legate agli anni ’60, non capiscano la novità in corso, né l’entusiasmo di Ana e come si possa concepire della musica suonata senza gli strumenti musicali tradizionali. Ana invece, molto giovane proprio a rappresentare il futuro, sostiene che il rock tradizionale non ha più niente da dire e difatti la si vede a inizio film prendere in mano un disco di Patti Smith, in casa dell’amico che la ospita, e poi lasciarlo subito per dedicarsi alla sua musica.

Ma oltre all’esplosione della musica elettronica, il regista intende raccontare il ruolo avuto dalle donne, come dichiarato alla fine del film quando compare la dedica alle tante donne che hanno reso grande la musica elettronica, svolgendo un’azione dirompente se si considerano i pregiudizi ricorrenti nei confronti delle musiciste. Nel film infatti un tecnico del suono riferendosi all’imponente attrezzatura elettronica di cui Ana dispone, poiché si trova in casa dell’amico che la ospita, le dice che “non sono cose da donne” e poi ancora, quando scopre che è una musicista, le chiede se fa la corista, collocandola in un ruolo stereotipato per le donne che fanno musica. Ma in realtà Ana, anche grazie all’incontro con un’altra ragazza con la quale forma un gruppo, e nonostante i tanti che cercano di scoraggiarla, compone un bel brano e sembra avviata verso un futuro di successo. Peccato che il film si chiuda in maniera inaspettata, con un finale tronco, lasciandoci solo immaginare quello che succederà. Forse un finale un po’ più compiuto avrebbe giovato alla struttura del film, comunque bello.

La colonna sonora è disponibile ad accesso libero su Spotify https://open.spotify.com/album/3VTVOyRn311XmAfB16QZOA

37. Torino Film Festival 22-30 novembre 2019 https://www.torinofilmfest.org/it/

Rossana Morriello

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