INTERPOL A TODAYS 2015 – IL REPORT
TODAYS | Torino | sPAZIO211 | 30 Agosto 2015
Era nell’ordine delle cose che avrebbero registrato il tutto esaurito. Gli Interpol, simbolo di rinascenza e devozione alle glorie del post-punk romantico di scuola primi anni ottanta, sono una forza vivente che ha del grandioso. Al mio quarto concerto della formazione newyorkese nell’arco di diversi anni (il primo data fine 2002) non avrei potuto chiedere e immaginare di più, se non forse un metraggio più generoso. Ma seppur piuttosto stringata, l’esibizione per Todays nel parco di sPAZIO211 in quel di Torino ha addirittura superato le attese di chi scrive, un atto di rivalsa su chi a tal riguardo nutriva ancora dei dubbi, nonostante l’ottima prova di El Pintor (dopo l’interlocutorio Interpol), l’album del 2014, l’ultimo venuto. È mia forte convinzione che dal vivo gli Interpol arrivino laddove la registrazione in studio non sempre ce la fa. Questa è la dimensione che meglio s’attaglia ad empatizzarne umori, lucori e furori, e quindi a giustificare il senso, apparentemente monocorde (ma così non è), del loro magnetico paesaggio sonoro. Una musica la cui ricchezza strutturale è un giro armonico che ne contiene altri, è una forma di eleganza inappuntabile, di precisione matematica nei passaggi di tono come nei percorsi lirici più complicati e difficoltosi. Un prodigio architettonico di chitarre siderali e bassline profonde come il mare. I nostri uomini in nero hanno un’anima bianca che guarda all’estetica di fine Novecento quanto alla sostanza che la nutre. Se i Joy Division cantavano Heart And Soul, gli Interpol oggi rispondono con Say Hello To The Angels, gemma fra le gemme di un capolavoro quale Turn On The Bright Lights, scelta come traccia d’apertura di una performance destinata a dispensare brividi su brividi in un limbo d’emozioni mai finite, molti dei quali provenienti dal repertorio di El Pintor, fra cui le bellissime Anywhere e Everything Is Wrong, con quei bordoni assassini che macinano fitte di piacere/dolore senza soluzione di continuità. Mentre il canto screziato del carismatico Paul Banks è il centro di gravità permanete che fa tutto il resto. E poi, sempre da El Pintor, arrivano le altrettanto superbe My Blue Supreme e My Desire, angeli elettrici in una sera d’Estate baciata dalla luna. Fonte di algido splendore proprio come le impeccabili (qualcuno direbbe calligrafiche) tessiture strumentali irrorate dai Nostri a suon di melodie stellari e cambi di ritmo impressionanti. Ovunque si muovano non passano inosservati, siano esse le incantevoli Evil, Length Of Love, Take You On A Cruise e C’mere (tutte da Antics) o le sinuose Rest My Chemistry e Pioneer To The Falls (questa volta da Our Love To Admire), a loro modo psichedeliche e trasognanti fino allo smarrimento. PDA, meravigliosa hit dei primordi che furono (già su singolo nel 2000 per Chemikal Underground, poi confluita nell’album d’esordio), è l’apoteosi vertiginosa che ha il compito di chiudere il cerchio magico prima del bis. E che bis! Un trittico di seduzioni epiche che apre alle luci del crepuscolo di Untitled per poi volgere alle vastità oceaniche di Leif Erikson e trionfare sui refrain smeraldini di All The Rage Back Home. Gran finale di un concerto che ha colpito nel segno per la felicità di molti cuori.
Aldo Chimenti
ph Loris Brunello