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IN SOLITUDE

| Beast Milk | Daniel Bay

Londra | The Underworld | 15 Ottobre

 

Hanno conquistato il pubblico ultra esigente dei Behemoth, all’inizio dell’anno, con uno show di cui si parla ancora: dopo una  stagione live particolarmente intensa gli svedesi di Uppsala In Solitude ritornano nella  capitale con un meritato tour da headliner. Spetta a un loro concittadino l’onore di aprire il sipario di un Underworld non ancora del tutto pieno: Daniel Bay si presenta da solista con una performance tutta acustica: c’è solo lui con la sua chitarra. Il pubblico appare all’inizio quasi esterrefatto dalle note classicheggianti di questo singolare musicista. Il suo sound è in totale contrasto con le distorsioni delle band che normalmente distruggono questo palco, come le due che seguiranno questa sera. L’intensità trasmessa è definita dalle note dei suoi brani, particolarmente ricchi di colori e emozioni. La sua è musica da vivere in pieno, lasciandosi andare in un vortice di sensazioni. Caroline e Stay With Me attraggono molti dei curiosi che, pensando di trovarsi di fronte alla solita solfa sconosciuta piazzata come band di supporto a casaccio, preferiscono godersi una birra al bar. Invece ecco che, pian piano, il pubblico diventa un’unità compatta: né mosh-pit né head-banging, ma  solo voglia di godersi un bel concerto in pace con se stessi. Daniel Bay merita senza dubbio molta attenzione. L’atmosfera, come ci si aspettava,  cambia radicalmente con la sensazione finlandese dei Beastmilk. È davvero incredibile e ammirevole come il side-project di Mathew Joseph McNerney aka Kvohst, iniziato quasi per caso come cambio di direzione dai suoi Hexvessel, sia letteralmente esploso a raffiche, con l’uscita del loro splendido album di debutto Climax dell’anno scorso. Il loro sound è ricco di groove accattivante che zampilla tra una traccia e l’altra, soprattutto nella sequenza iniziale The Wind Blows Through Their Skulls e You Are Now Under Our Control.  Ricordano sotto certi aspetti, soprattutto nei vocalizzi e nelle sfumature death rock apocalittico, i Killing Joke, anche se  la band si sta imponendo con i propri mezzi, come conferma il loro picco creativo Death Reflects Us, traccia che genera ancora una volta un vero e proprio entusiasmo collettivo. Le prime file addossate al palco  indicano l’impazienza per gli headliner. La batteria adornata di fiori, l’incenso inebriante, la figura che rappresenta la morte: il palco degli In Solitude è pronto ad accoglierli. La sicurezza e la fiducia nelle proprie armi da parte del giovanissimo frontman Pelle Åhman è ammirevole, si muove in sintonia con le note che sembrano trasportare in una lucida schizofrenia. Tracce quali la splendida Death Knows Where e la magica Lavender, tratte dalla loro terza chicca Sister, sono cariche di impatto e orecchiabilità di fondo: live trovano la loro forma migliore grazie all’atmosfera elettrizzante che generano. Da notare i passaggi intricati di riffing taglienti quanto basta per rendere il sound potente e particolarmente intenso da parte dei due chitarristi Henrik Palm e Niklas Lindström. “Siamo molto più black metal di quanto certa gente possa pensare”, dichiara il frontman (l’intervista verrà pubblicata sul numero di Dicembre), e in effetti alle prime note di To Her Darkness lo si riscontra. Ancora una volta al loro set non manca mai nulla: gli In Solitude sono una band da salutare con l’augurio di rivederli al più presto, possibilmente con un set più lungo.

Fabiola Santini

Ph: Fabiola Santini

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