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I CANI

+ CALCUTTA
 | Alcatraz – Milano
 | 21 Febbraio 2016


Ore 21.00 circa. Calcutta appare minuscolo sull’enorme palco dell’Alcatraz. Si aggrappa alla sua chitarra elettrica con una sorta di arrogante timidezza e poi attacca Frosinone. Insieme a lui si leva un boato di duemila anime che cantano a squarciagola. Tra la folla c’è di tutto (o quasi): ventenni, trentenni, quarantenni. Nerd intellettualoidi, qualche hipster fuori tempo massimo, persone normali. Ragazze appassionate di taranta, coppiette di studenti fuorisede che limonano, magliette dei Black Flag e di Caparezza. Grandi assenti moda e figa: no Marcelo Burlon, tanto per intenderci. Il cantante di Latina condensa in una mezz’oretta i pezzi più significativi del suo repertorio: Cosa mi manchi a fare, Gaetano, Del Verde la fanno da padrone. Si parla d’amore attraverso testi surreali e intimi, racchiusi in belle canzoni che potrebbero stare da qualche parte tra Rino Gaetano e il primo Venditti. Una voce forse non precisissima, ma di certo espressiva, tiene in piedi l’intero live che coinvolge e convince. Speriamo regga l’improvvisa popolarità e non si bruci troppo in fretta. Sarebbe un peccato. Poco dopo, quando arriva il momento de I Cani, si manifesta il sold out annunciato. Il locale è pieno, l’attesa percepibile. Contessa si presenta con cuffietta d’ordinanza e una band composta da basso, due synth e batteria. L’attacco è riservato a Baby Soldato: in centro sala il suono è molto ‘medioso’, manca un po’ di corpo. Il mixaggio va e viene, con colpi di cassa improvvisi e un basso sempre troppo dentro. La situazione migliorerà un po’ nel corso del concerto, ma di sicuro questo è un punto da rivedere. Molto belle invece le proiezioni alle spalle del gruppo, che sottolineano senza essere invasive e creano la giusta atmosfera sui pezzi. Si prosegue con Protobodhisattva (uno dei pezzi migliori dell’intero live), per poi esplodere nella fisicità con il trittico Le coppie, Asperger, Hipsteria recitate all’unisono da un pubblico che si lascia andare in un gioioso pogo. L’interessante rilettura mid-tempo di FBYC (sfortuna) odora vagamente di CSI periodo Tabula Rasa e fa da ponte a un secondo trittico, questa volta intimista: Aurora, Una cosa stupida, Sparire scorrono via tra gli applausi, mentre un sole nero compare alle spalle. Corso Trieste si conferma emozionante, così come Pariolini, che termina con un divertente omaggio a Logico#1 di Cesare Cremonini. Un saggio alternarsi di brani vecchi e nuovi ci portano fino ai bis, che si aprono con Il posto più freddo, bellissimo e struggente manifesto dei Cani 2016, mentre l’arrivederci è affidato a una Lexotan gridata a squarciagola, come una sorta di sfogo/liberazione dall’inevitabile stress che una data di questa importanza si porta dietro. In conclusione restano alcuni dati di fatto: l’Alcatraz (una domenica sera tra l’altro) sold out con due artisti italiani. La consacrazione di una scena romana che appare matura per ridisegnare l’attuale scenario discografico. Una band ancora da rodare dopo un lungo stop, ma in grado di sostenere quasi due ore di live in maniera egregia, alternando quiete e caos. Bravi tutti. Avanti così.

Gianluca Servetti

Icani

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