Gli anni di piombo in tre documentari
Il Torino Film Festival quest’anno ha dedicato ampio spazio al nostro passato e in particolare agli anni ’70. Sono stati gli anni di piombo, ricordati per la violenza politica ma anche anni di grande fervore sociale e culturale, come proseguimento di un percorso che era cominciato negli anni ’60 e in particolare con la svolta del ’68. Tre documentari molto belli presentati al TFF ne descrivono i diversi risvolti. 1974 1979. Le nostre ferite di Monica Repetto mostra principalmente l’aspetto politico-sociale, Suole di vento – Storie di Goffredo Fofi di Felice Pesoli traccia le dinamiche storico-culturali, La rivoluzione siamo noi – Arte in Italia 1967/1977 riprende l’evoluzione del linguaggio artistico. Insieme offrono uno sguardo complessivo su quegli anni.
La rivoluzione siamo noi (Italia, 2020, 83’, col. e b/n) di Ilaria Freccia in realtà comincia dagli anni ’60 con la rivoluzione nel linguaggio artistico portata avanti da movimenti come l’arte povera che introducono una nuova concezione dell’arte non più intesa come creazione di oggetti statici ma come azione con il coinvolgimento dello spettatore. Allo stesso tempo l’arte comincia a uscire dai musei e dalle rassegne ufficiali. Emblematica è la contestazione alla Biennale di Venezia del 1968 e la parallela mostra Arte povera più azioni povere, organizzata nello stesso anno ad Amalfi da esponenti di spicco di quel movimento come Michelangelo Pistoletto, Alighiero Boetti, Mario Merz, Jannis Kounellis. Le contestazioni artistiche di quegli anni andavano di pari passo con i sommovimenti sociali e politici naturalmente, e con l’idea che li alimentava di poter cambiare il mondo, come sintetizzato dal titolo dell’opera di Joseph Beuys La rivoluzione siamo noi, che dà il titolo al documentario. L’arte figurativa si intrecciava al teatro nel Living Theatre e alle sperimentazioni musicali di personaggi come Terry Riley. Per inciso, nel documentario si possono vedere molti spezzoni filmati originali dell’epoca accompagnati dalla splendida musica di gruppi per niente scontati, come Crazy Elephant, Pete Brown and His Battered Ornaments, Dr. Strangely Strange.
Suole di vento è il documentario su e con Goffredo Fofi realizzato da Pesoli, già ospite del 33° Torino Film Festival con il bel lavoro Prima che la vita cambi noi, dedicato alla Milano beat a cavallo tra anni ’60 e anni ’70. Com’è tipico del personaggio controcorrente che è sempre stato, Fofi è molto diretto nelle interviste che si alternano ai filmati e alle immagini del passato di cui racconta. Il documentario comincia con queste sue parole: “una delle cose che mi scandalizza degli intellettuali italiani vecchi, giovani e di mezza età è che sono ignoranti come bestie. E che non leggono le mie riviste”. Poi racconta della difficoltà crescente di creare e gestire una rivista a causa, a suo avviso, del narcisismo di massa, dell’individualismo esasperato, per cui non si riesce più a lavorare in collaborazione, che in parte ha origine proprio negli anni ’60 e ’70. Attraverso le sue parole incontriamo i personaggi che ha conosciuto, e con cui a volte si è scontrato, come Elsa Morante, Carmelo Bene, Totò, Luis Buñuel, Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini. Attraverso la sua storia personale di impegno sociale e attivismo culturale ripercorriamo la storia dell’Italia dagli anni ’60 a oggi, e in particolare degli anni ’70 particolarmente formativi quanto turbolenti. Una critica dei meccanismi di potere e delle dinamiche sociali, dura ma condivisibile, che non risparmia nessuno e arriva fino al mondo digitale contemporaneo.
Degli aspetti più turbolenti dei 70’s parla invece il documentario di Monica Repetto, attraverso le interviste a cinque persone sopravvissute ad altrettanti attentati terroristici accaduti tra Roma e Torino. Un punto di vista insolito, ma estremamente toccante, quello di chi ha subito gli attentati e li descrive come atti completamente inimmaginabili che hanno sconvolto per sempre le loro esistenze di persone comuni. Risulta evidente dalle testimonianze la sproporzione tra l’operato dei singoli o dei collettivi di poche persone, come il Collettivo casalinghe della oggi novantenne Annunziata Miolli, detta Nunni, che rivendicava i diritti delle donne, e le azioni violente messe in atto da estremisti di destra e di sinistra. Un documentario che riesce a restituire con grande coinvolgimento il clima di tensione degli anni di piombo.
Inevitabile la considerazione che purtroppo molte di queste lotte non hanno prodotto effetti permanenti, sia per quanto riguarda i diritti civili, sia per le trasformazioni culturali, sociali, economiche. Colpisce, per esempio, sentir dire dai protagonisti di La rivoluzione siamo noi che l’arte non era considerata una cosa utile allo stato, ma qualcosa in più, di superfluo, e dover constatare come questa situazione non sia cambiata ai giorni nostri. Colpisce anche sentire dire a Nunni che era un momento magico, ormai finito, e come, nonostante tutto, molti di loro lo rimpiangano per il fervore e la possibilità ancora di sognare un mondo diverso. Documentari come questi sono davvero fondamentali per non dimenticare il nostro passato e per collocare i fenomeni della nostra società in una più ampia prospettiva storica. Rossana Morriello