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GIGI MASIN – JONNY NASH

Venezia | Padiglione Francia | Giardini della Biennale | 30 Agosto

Una voce girava per Venezia, ancora prima che la Biennale d’Arte aprisse i battenti. Si raccontava del Padiglione Francia, dell’artista che lo avrebbe gestito trasformandolo in uno studio di registrazione assai particolare. Il 13 Maggio la 57^ edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte, la famosa Biennale di Venezia, ha aperto i battenti e l’arcano è stato svelato. Xavier Veilhan, visionario artista a cui si deve la realizzazione del Padiglione Francia 2017, ha trasformato gli spazi espositivi in uno studio di registrazione dalle connotazioni futuriste, una sorta di Merzbau dove il suono si trasforma in cosa viva: lo Studio Venezia che continuamente ospita artisti dalle più svariate provenienze, tutti con il proprio carico di esperienza musicale, voci diverse che andranno a formare un incredibile raccolta, un preziosissimo various artists che suonerà come testimonianza di una stagione musicale straordinaria. Qualche nome sparso per rendere ancor più preciso il quadro delle residenze artistiche veneziane: Mark Sanders & Elliott Sharp, Darla & Brian Eno, Alessandro Bosetti, Alva Noto, Lee Scratch Perry, Nicola Ratti, Sèbastien Tellier, Steve Beresford & Zeena Parkins, Von Tesla, giusto per citarne alcuni. Il roster rimane volutamente riservato per evitare assembramenti da concerto in un luogo dedicato all’esposizione musicale intesa come opera artistica inserita in un contesto espositivo. Performances d’improvvisazione come quella a cui abbiamo assistito in occasione della residenza artistica di Gigi Masin e Jonny Nash, due dei tre Gaussian Curve, nomi assai noti nel panorama musicale internazionale, forse meno noti qui da noi dove tutto giunge con un ritardo decennale. Gigi Masin, veneziano errante sui palchi di mezzo mondo e Jonny Nash, prolifico musicista dotato di un tocco chitarristico fuori del normale, sono riusciti ad ipnotizzare il pubblico presente ed itinerante della Mostra con tre episodi di improvvisazione capaci di scuotere nel profondo anche il più distratto degli ascoltatori. A formare la tela d’autore il pianoforte e la chitarra, strumenti con i quali i due artisti sanno esprimersi al meglio della soggettività. Il suono che esce da quelle corde è riconoscibile fin dalla prima nota, è piccola magia non classificabile, ambient e moderno classicismo che esce dal segno prestabilito creando una nuova percezione del suono. L’ascolto si trasforma in luogo, dove si ascolta. La musica è lo spazio nel quale compiere l’azione sospinti dall’incedere di note che donano ossigeno all’ascolto, lo rinnovano trasportandolo verso i confini della bellezza. Nulla di prestabilito, si viaggia ad occhi chiusi nella sicura traiettoria dell’improvvisazione che domina e rende ancor più esigente la nostra domanda di melodia, tanta è l’intesa tra i due artisti che abbondante la fanno scaturire dagli stumenti. Il pianoforte fraseggia, volutamente perde l’accordo per riprenderlo ancor più imperioso nel passaggio successivo, si quieta per poi abbattersi oltre gli argini del silenzio. La chitarra timida accenna qualche nota, prende vigore, inizia a dialogare fino ad esplodere in lunghe suite che profumano di essenza frippiana ma, diversamente da quel suono, vivono e pulsano e respirano all’ombra di un battito colorato di sensibilità inaudita. È delizia. Già si mormora di un nuovo album solista di Masin che vedrà anche la partecipazione di Nash; forse senza saperlo abbiamo assistito ad una première.

Mirco Salvadori

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