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GIANNI MAROCCOLO

 

Ultimo tratto di un cammino iniziato tempo fa in compagnia di Claudio Rocchi, una presenza luminosa che ha accompagnato di concerto in concerto questo intenso progetto voluto da Gianni Marocollo, giunto alla sua fisiologica conclusione nella splendida cornice di un antico teatro romano immerso nella magia della notte toscana. Una penombra che aiuta a tornare indietro nel tempo cercando di scorgere chi non c’è più, tornare ad assaporare una stagione diversa, viva, ancora capace di sorprendere. Capitombolare a tutta velocità nel soffice suono non più alieno, non più scontato come può esserlo un racconto meccanicamente letto per troppo, troppo tempo. Rinascere scoprendo che è ancora possibile ritrovare musica da indossare, perfetta per la tua anima imbolsita dall’ascolto reiterato, freddo, esente dalle pulsazioni che riescono a far battere il muscolo del ricordo.

Avevo già vissuto questo magico fenomeno legato alla dislocazione animo-temporale, questo salto a piè pari dentro un universo illuminato dal sole, una luce che accompagnava un viaggio a due, fianco a fianco sul bagnasciuga di una spiaggia che si perdeva lontano, fino a quel confine oltre il quale era permesso il passaggio solo ad uno dei due amici. Vdb23/Nulla è andato perso, l’apparente incomprensibile formula che serviva come password per il salto indietro nel tempo. Era il 2014 e quel lavoro riuscì a scaldarmi il cuore. Con ancora le sue note infisse sugli stipiti della mia malandata memoria, seduto davanti al palco frequentato dai giovani di una diversa stagione, ancora capaci di mantere intatta l’aura artistica da molti dissipata nella stancante rincorsa del tempo, penso che ora si può, tornare nuovamente indietro ora si può.

La voce mai spenta di Rocchi ancora mi sussurra le sue visioni mentre il suono fluisce. Inizio a vederle, quelle aure che lentamente si espandono e fondono le une con le altre, le vedo sopra un palco che le riunisce ancora assieme per l’ultimo profondo tuffo nella passione.

Marok avvolto nell’inseparabile basso, piegato nella diffusione elettronica della melodia, Andrea Chimenti, una voce che letteralmente incanta, Antonio Aiazzi colpevole di usare le tastiere come lame affilate create per incidere il cuore, il ritmo del viaggio regolato dal mai dimenticato chitarrista degli Ustmamò, Simone Filippi e ondate di antichi aromi orientali affidati alle corde del maestro Beppe Brotto. La perfezione.

Gli occhi lucidi partecipo ad un viaggio attraverso i ricordi e il tempo con suoni che tornano a dipingere davanti agli occhi quella dirompente nuova onda che partì da Firenze con il suo frastuono, mescolando schiumante rabbia e creatività alle molte altre provenienti da tutta la penisola.

Sembra si sia ritrovato il coraggio di ascoltare, per Dio! Ascoltare e riascoltare per ore lo stesso disco, quel vinile piombato come un fulmine a stravolgere la tua discoteca.

Sembra di star seduti impietriti ad ascoltare un concerto che ti azzanna alla gola e la chiude con un groppo che ti abbandonerà solo a luci spente.

Sembra di esser tornati in quel luogo segreto dove si coltiva e fiorisce il ricordo perenne della giovinezza, un angolo di cielo non inquinato dal mercato, dalle finte celebrazioni, dalla retorica e dal rimpianto. Un magico angolo di vera indipendenza abitato da anime belle che usano reverenza verso quel termine, unico sinonimo di libertà espressiva.

Sembra di passeggiare nell’immenso atelier di un artista che sa magicamente interpretare e tradurre i sogni altrui, un anfiteatro accogliente nel quale si sorride commossi, convinti che nulla di nulla andrà mai e poi mai perso.

Mirco Salvadori

ph M.O.

Nulla è andato perso  | Fiesole, Teatro Romano | 4 luglio

 

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