GANG OF FOUR
Torino, sPAZIO211 | 2 aprile
Sino ad oggi non v’è stata rimpatriata di gruppi storici scaturiti dai fermenti punk e post-punk di fine settanta/inizi ottanta che dal vivo, a distanza di tanti anni, abbia deluso. Non fanno eccezione i seminali Gang Of Four di Andy Gill, arrivati dalle nostre parti per un’unica data italiana appannaggio della bella Torino, grazie anche alla valida organizzazione di sPAZIO211. Sono trascorsi ben 37 anni dalla pubblicazione dell’opera prima Entertainment!, simbolo di un’era e capolavoro incontrastato che più ancora del pur ottimo Solid Gold (e prove a seguire), ha influito sulle direzioni stilistiche di grossi calibri come R.E.M., Nirvana, Red Hot Chili Peppers, Franz Ferdinand, Clinic e Bloc Party, ma l’elenco potrebbe continuare. Molti i brani tratti dai primi due memorabili LP in corso di esibizione, a rinverdire entusiasmi e memorie di stagioni musicali all’insegna del cambiamento. Certo, l’attuale line-up non è più la stessa dei primordi essendo mutata per tre quarti rispetto ad allora, ma ha dimostrato di essere all’altezza della situazione, addestrata come un fronte compatto di sollecitazioni percussive potentissime, di fendenti chitarristici mai così incisivi e graffianti. Se lo stile corrosivo di Thomas McNiece al basso faceva il paio con il drumming poderoso di Jonny Finnigan, le dissonanze e gli effetti larsen di Andy Gill alle corde viaggiavano su coordinate prossime alla lobotomia pura, mentre John “Gaoler” Sterry era la voce dell’intemperanza che impazzava al proscenio come una carica elettrica sull’orlo del precipizio. Si parte con il mid-tempo di Where The Nightingale Sings, titolo non privo di reminiscenze Pop Group che apre anche la scaletta dell’ultimo album What Happens Next (2015). Un inizio tattico che ha il compito di scaldare l’ambiente e preparare all’inforcata bombastica di Not Great Men, I Parade Myself, Paralysed e la hit delle hit What We All Want, galoppata anthemica su piste punk-funk crivellate da affondi di ritmiche sincopate e penetranti. Impressionante la versione di Anthrax sferrata a ruota, una delle canzoni più adrenaliniche e militanti del repertorio Gang Of Four, qui fatta oggetto di follie strumentali al limite del nichilismo punk più coriaceo e distruttivo, con Gill che infieriva sulla chitarra urlante maltrattandola e sbattendola come una mazza di ferro sulle assi del palco tremante o lasciandola alla mercé del pubblico in delirio. Seguono Do As I Say e Stranded, doppietta di danze muscolari, estrapolata dagli ultimi due album, che prelude alla massiccia sequela di cavalli di battaglia quali Damaged Goods, At Home (He’s A Tourist), To Hell With Poverty!, Why Theory?, Love A Man In A Uniform, Return The Gift e il proto-dub muriatico di He’d Send In The Army, opzionato quale ultimo bis di una performance che, vinta ogni perplessità da fan purista della prima ora, ha fatto la sua porca figura. Lasciatemelo dire.
Aldo Chimenti