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FAITH NO MORE

Supereroi, cliché e liberazione

Da qualche parte, in un interstizio di critica internetiana, ho letto che la storia del rock senza i Faith No More non avrebbe di molto cambiato le sue direttrici essenziali. Suona ragionevole, così come ragionevolmente ribaltabile, a seconda che si usi un metro scientista o lenti di un cuore ancor giovane e pulsante. Infatti, chi c’era e l’ha vissuta, con occhi innocenti di una storia ancora in corso – di là da venire l’universo imbolsito di una critica asettica e diacronica –, ricorda quei ragazzi immortalati nelle pose parodisticamente patinate di un video da MTV (Epic, tratto da The Real Thing) come una vera rivoluzione semantica, o meglio, un pieno ribaltamento di canoni, sì metal, sì funky-thrash, sì hardcore, ma attraverso un’inedita pulsione edonistico-teenageriana, non molto dissimile nei contenuti (in vero, un parallelo più di forma che di sostanza) dall’irruzione metastorica causata dal ciclone Nirvana, in pieni 90. Spiazzamento, battito, giungla da strada.

Chi erano quei metallari, stranamente colorati? Cos’era quella spinta hardcore blandita da lepidezze soul? Chi era quello strano frontman (Mike Patton), dalla cadenza hip-hop e l’allure glam, avvenente sì, al pari dei coevi ipertricotici colleghi com’epoca prescriveva, ma dalle sfuggenti significanze multiple? Una voce sensuale e dionisiaca, un look surrealista atto a sabotare ogni aspettativa nello spettatore medio.

Che esotismo fantastico trasudava dal barbuto chitarrista, in odor di Metallica ma freak dal sapor evidentemente zappiano… Quel Jim Martin, dal rifferama deciso e scarno, brutalmente allontanato dalla band qualche anno dopo…su Rockerilla 417 Maggio l’articolo di Gioele ValentiFnM

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