EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
18 Luglio 2017 | Collegno (TO) |Cortile della Lavanderia a Vapore | Parco della Certosa
L’ultima volta che gli Einstürzende Neubauten toccarono il capoluogo subalpino fu per una tappa dell’acclamato Lament Tour presso l’Auditorium Rai (2014). Allora portavano il repertorio di Lament appunto, un concept album sulla prima guerra mondiale (di cui correva il centenario) che dal vivo conobbe consensi di pubblico tali da registrare il tutto esaurito. In questo caso la cornice cambia (siamo nel parco che ospita l’antica struttura del celebre manicomio, oggi dismessa) e con essa lo show presentato sotto le insegne del Flowers Festival nel Cortile della Lavanderia a Vapore, sostanzialmente basato sul materiale di Greatest Hits, il disco antologico licenziato sul finire dello scorso anno. Per quanto supercollaudata, la formula live di Blixa Bargeld e compagni è sempre di grande impatto, certo non siamo più ai deliri postindustriali degli esordi, ma la forza catturante delle loro prestazioni continua a muovere energie particolari, a macinare adrenalina e a scuotere corde speciali, a maggior ragione quando le impennate vocali di Blixa assumono i contorni della fuga psicotica che scatena il panico. Il concerto apre quasi in sordina sulle note di The Garden, un istante di solennità interiore che sul piano emozionale è Sehnsucht straziata, struggimento allo stato puro. Il cabaret postatomico dei Neubauten è iniziato bene e continuato meglio nella roboante Haus der Lüge: schizofrenia fatta arte. È qui che prendono ad infierire i metalli percossi, i profondi giri di basso e gli artigli della elettrica distorta, mentre i voli siderei delle tastiere elettroniche dispensano mantra di sogno. Un’esibizione la cui forma ‘liturgica’ rispecchia un piano d’azione ben congegnato in ogni sua parte strumentale, secondo uno schema psicologico degno della strategia della tensione più raffinata. La quiete apparente di Nagorny Karabach è presto distrutta dai tamburi dell’avanguardia di Dead Friends (Around the Corner): bellissima e terribile, è il caso di dirlo. Unvollständigkeit si allunga diafana sul filo invisibile dell’onda sonora, eterea eppur drammatica, chiamata ad implodere su se stessa come una bolla di luce nel buio di una notte cosmica. Perfetta nel cedere il passo al misterico motorik lunare di Youme & Meyou, malia ambrata che palpita sopra un tappeto di percussioni tubolari fino alla sua magistrale chiosa barocca. Sebbene escluso dalla compilation, avremmo comunque sperato in un’esecuzione a sorpresa di Yü-Gung, inno e simbolo di una generazione che negli anni ’80 era solito furoreggiare sulle piste dei club alternativi di ogni dove, ma forse era pretendere troppo. In compenso hanno scodellato una ridda di pezzi forti e cavalli di battaglia quali Sonnenbarke, Von wegen, Total Eclipse of The Sun e soprattutto Let’s Do It a Dada. Infilato nella sequenza dei bis, quest’ultimo ha rivestito il momento più patafisico, teatrale e sincopato del concerto tutto, coi Nostri in costumi di scena a parodiare i caratteri di un colorito Cabaret Voltaire a fumetti infarcito di richiami ai padri futuristi, oltre che di percussioni assortite ed improbabili ‘intonarumori’ fatti rombare fra le intemperanze canore di un Bargeld al meglio di sé. Morale della favola un concerto da favola.
Aldo Chimenti
ph Loris Brunello