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DEPECHE MODE

Milano, San Siro | 27 giugno

Non vi è alcun dubbio: il miglior tour da fine anni ’90 in poi.

“I Depeche Mode dal vivo non suonano più come prima” recitano da anni tutti i seguaci di lunga data, memori delle incantevoli performance sonore a cui li aveva finemente abituati Alan Wilder. Ce ne sono voluti di anni ma finalmente il tanto ricercato equilibrio “della nuova era” si è consolidato. Il Global Spirit Tour è senz’altro uno statuario compendio di energia fisica e mentale nella realizzazione di un live estremamente energico, figlio del grande lavoro di squadra e dell’apporto produttivo di James Ford dei Simian Mobile Disco. La perfetta combinazione elettro-rock & soul si compone di un quadro sonoro curato nei minimi dettagli, esaltato dalla netta distinzione degli elementi in campo. Ogni strumento emerge con coerenza, lo spirito dei Depeche è una presenza che quasi potrebbe fare a meno dei suoi attori pur pretendendone la messa in scena. Dave ondeggia il bacino dopo pochissimi minuti, la voce di Martin vibra trasformando l’acustica dello stadio nella Scala di Milano, Andy lascia che il synth “tuoneggi” e volteggi nell’aria rimbalzandoci nel cuore. Una performance perfetta figlia dell’incanto, dello scorrere naturale di immagini, suoni e sensazioni che ricamano sulla pelle tatuaggi indelebili. E se Dave “spolvera” la sua croce sulla spalla sinistra, la platea si disfa del peso dell’età che avanza dimenandosi come un leggiadro ventenne.

Ecco la scaletta completa:

Going Backwards: il nuovo singolo apre benissimo il live, caricando per bene l’atmosfera con quel suo possente cadenzare elettronico della nuova era;

So Much Love: brano distensivo che penetra l’aria generando serenità;

Barrel Of A Gun: splendida versione non troppo differente dall’originale che, non a caso, ricorda quanto Ultra sia presente nelle viscere di Spirit;

A Pain That I’m Used To: distorsioni e marcetta, ponte di collegamento tra le ere depechemodiane;

Corrupt: altro ponte di collegamento che non esalta ma non distrae;

In Your Room: si comincia a fare sul serio, i suoni sono perfetti, si fa netta la distinzione tra le ultime versioni live e il nuovo tour, grande ricerca sonora e forti modifiche alla struttura di base, un’importante novità per i nuovi Depeche Mode live;

World In My Eyes: tutta la sensualità dei 90s, intatta e perfezionata sul tappeto elettronico;

Cover Me: soul-music for eletronic hearts;

Home: il momento Martin devasta sempre di più, anche la sua voce sembra incunearsi perfettamente nel nuovo formato live;

A Question Of Lust: lo stesso incanto di sempre;

Poison Heart: i nuovi brani suonano benissimo dal vivo, un meccanismo mai riuscito prima negli anni 2000, figlio di una sintesi perfetta tra ieri e oggi;

Where’s The Revolution: forse non è la posizione ideale per la scaletta ma stranamente è il brano “peggio” rappresentato dal vivo (si fa per dire) sebbene abbia un potenziale non indifferente;

Wrong: clamorosa, tutta l’energia insita nei bassi esplode, è un mix sonoro nuovo e travolgente;

Everything Counts: intro elettronica nuovissima che nasconde un potenziale enorme sia per il brano che per il futuro dei Depeche Mode;

Stripped: classica ma strabordante, la cantano pure i volatili;

Enjoy The Silence: lo stadio si esalta come le squadre milanesi non sanno fare più;

Never Let Me Down Again: le “spighe” ondeggiano e per una volta non è l’unico brano a far sussultare la platea, questo tour è un’esperienza completa;

 

BIS

Somebody: secondo momento Martin, amore incondizionato;

Walking In My Shoes: il sipario sta per calare, la versione si consolida ancora una volta;

Heroes: cover di Bowie, bandierone nero sugli schermi, ottima versione cupa;

I Feel You: non si finisce più e il compendio di suoni dietro i brani di Songs of Faith and Devotion è strabiliante;

Personal Jesus: forse la versione live perfetta, qualcosa è cambiato e ne siamo tutti soddisfatti.

Matteo Chamey

ph Stefano D’Offizi (foto dal live di Roma)

 

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