Chelsea Wolfe @ Circolo Magnolia – Segrate, Milano
13 novembre 2024 – Live Report
In un Circolo Magnolia indoor prevedibilmente sold out, trattandosi dell’unica data italiana, la darkissima Chelsea Wolfe fa il suo ingresso sul palco con una specie di timidezza esitante, senza alcuna grandiosità studiata, diremmo piuttosto in punta di piedi. Questo provoca da subito una specie di corto circuito, perché se da un lato siamo pronti a farci amabilmente sfondare i timpani da suoni doom-metal (ancorché alternati a meravigliosi brani acustici), dall’altro abbiamo di fronte un’artista e che mette da subito le cose in chiaro: niente cazzeggi o pose, niente siparietti o messe in scena. L’essenza dello spettacolo starà in tutt’altro.
Un po’ macabra e un po’ malinconica, il volto nascosto dietro grandi ciocche di capelli che non rivelano quasi mai il suo sguardo, la cantautrice originaria di Sacramento si rigira amuleti tra le mani e volta spesso le spalle al pubblico, per bere da una coppa scura dalle fattezze medievali; appena può scompare nel copiosissimo fumo previsto dalla scenografia, spesso indietreggia, come se stare al centro della scena, se non per cantare, la mettesse a disagio; la sua performance è tutta vocale: potenza e falsetto, precisione e controllo. Non che la sua sia tecnica senz’anima, tutt’altro, ma fin dalle prime note appare evidente che lei è lì soprattutto per farci sentire la sua voce.
Imbraccerà la chitarra (a turno acustica ed elettrica) pochissime volte; parlerà ancora meno, per lo più sotto gli applausi, così da assicurarsi che non si capisca praticamente nulla di quello che sta dicendo, se non i timidi ringraziamenti di rito.
Il set attinge a piene mani dal suo ultimo, bellissimo lavoro: She Reaches Out to She Reaches Out to She, un disco di rinascita che racconta la sua nuova vita dopo la raggiunta sobrietà, ma che parla anche di come, sin da ragazzina, abbia imparato in fretta a familiarizzare coi suoi demoni, in quanto afflitta da frequenti episodi di paralisi notturna, che hanno ispirato gran parte della sua produzione.
Chelsea Wolfe appare raccolta in sé stessa come una specie di mistica oscura, ma la parte di lei che è sul palco ci accompagna in un viaggio di contrasti: un attimo prima ci porta in alto col suo canto celestiale, un attimo dopo ci sprofonda nelle viscere della terra; la sua musica è insieme ferale e ultraterrena.
La poderosa band che l’accompagna fornisce densissima sostanza rumoristica, in una sapiente contaminazione che abbraccia spesso il glossario dell’industrial e dell’elettronica, in un tripudio di distorsioni e imprevedibili aperture IDM. Ma, ancora una volta, a farla da padrona è la sua interpretazione vocale, capace di catalizzare l’attenzione e di innalzarsi al di sopra dei possenti tappeti ritmici e le stratificazioni di suoni.
Tra gli episodi più emozionanti, oltre alla bellissima apertura affidata a Whispers in the Echo Chamber, la martellante House of Self‐Undoing, la doomissima 16 Psyche (Hiss Spun) e l’eterea After the Fall (Abyss). Menzione a parte per il capolavoro Flatlands, tratta da quel gioiello acustico che è Unknown Room (A Collection Of Acoustic Songs) e Feral Love, che ci riporta ai fasti di Pain Is Beauty.
Me ne vado pensando che Chelsea Wolfe dev’essere una specie di alchimista, perché ha trovato una formula impossibile, capace di mettere nella stessa sostanza la ferocia e la più straziante delicatezza.
Setlist
- Whispers in the Echo Chamber
- Everything Turns Blue
- House of Self‐Undoing
- Tunnel Lights
- 16 Psyche
- After the Fall
- The Culling
- The Mother Road
- Flatlands
- Feral Love
- Unseen World
- Eyes Like Nightshade
- Place in the Sun
- Dusk
- The Liminal
Encore:
- Carrion Flowers