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BRUTAL ASSAULT XIX

| Old Army Fortress Josefov | Jaromeř | Repubblica Ceca | 6-9 agosto

 

La fortezza di Jaromeř, cittadina  situata a circa 130 km a est di Praga, ospita ancora una volta uno dei festival metal più noti a livello internazionale. Brutal Assault è anche uno degli eventi live più attesi dalla comunità metal che oggi si riversa da tutta Europa e non solo, anche da Stati Uniti, Australia, Messico e addirittura dalla Malesia. Quattro giorni dedicati al metal estremo rendono Brutal Assault un evento imperdibile, anno dopo anno. La fortezza è splendida: le mura che circondano il campo dove sono sistemati due palchi principali (Metalshop e Jägermeister) e un tendone (Metalgate) rendono l’atmosfera magica e surreale, soprattutto al tramonto quando da due botole vengono sparate raffiche di fiamme, ai ritmi di ottimo thrash, death, black, hardcore e affini. Ma non è tutto: i pacchetti offerti ai fan sono molto appetibili. Per i più avventurosi il campeggio, disponibile anche in versione VIP,  è particolarmente ben attrezzato e per chi volesse invece concedersi un po’ di comfort in più, il festival offre un pacchetto speciale con due hotel  convenzionati, entrambi posizionati strategicamente nella tranquilla cittadina di Hradec Králové, collegata alla stazione principale di Praga da treni diretti, a prezzi irrisori. Dopo una  colazione sostanziosa, il transfer di andata e ritorno dai due alberghi direttamente all’ingresso del festival, della durata di circa quaranta minuti (e compreso nel prezzo della camera), è organizzato a scaglioni tramite corriere. Oltre ai tre palchi, nella Fortezza  si trovano anche banchetti dove si possono acquistare prelibatezze locali in abbondanza, con una selezione invitante anche per vegetariani e vegani. E la birra: la famosa birra ceca è la bevanda ufficiale del festival, da gustare tra una band e l’altra. La collinetta che si trova tra i due palchi principali è perfetta per godersi le band con una vista mozzafiato dall’alto, soprattutto al chiaro di luna.

La diciannovesima edizione del festival parte con tutte le migliori premesse immaginabili: esordire con due nomi quali Terrorizer e Venom garantisce un evento memorabile. Vedere sul palco Conrad Thomas Lant (aka Cronos) in ottima forma, dà l’impressione che il tempo si sia fermato al 1981, quando i Venom presero d’assalto la comunità metal con il loro capolavoro Welcome To Hell. La versione della mitica Black Metal di questa sera è letteralmente deflagrante. I leggendari Pentagram Chile, attualmente riuniti dopo una separazione durata ben otto anni, mettono in moto la seconda giornata particolarmente bene, con il loro death/thrash intramontabile. Con i giapponesi Church Of Misery le cose cambiano drasticamente: il loro doom seduce il pubblico, stregato da tracce intense e inebrianti come la magnetica Born to Raise Hell (Richard Speck). Ed ecco il turno dei super thrashers britannici: con gli Onslaught il divertimento è sempre garantito, sono loro a generare il primi mosphit della giornata, grazie alla carica che questi  sei musicisti stagionati riescono ancora a condividere con un pubblico che li segue dal lontano 1983. Tra i sovrani indiscussi del death/grindcore stelle e strisce non potevano mancare loro: i Misery Index tornati alla carica con un nuovo album, The Killng Gods, si confermano ancora una volta bombastici e tecnicamente preparati, il riffing aggressivo di Mark Kloeppel avvolge i fan di adrenalina pura. Il pubblico è ormai in escandescenza, pronto per un’altra band leggendaria: dopo aver apprezzato un’ottima performance dei vichinghi svedesi Manegarm, è il turno dei Crowbar, band pilastro della scena death metal internazionale, sempre ben accolta live in tutte le platee. E finalmente alle 18.10 arriva il turno degli attesissimi Obituary: la presenza di Trevor Perez sul palco è sinonimo di performance divina, tracce quali Slowly We Rot e Intoxicated vengono sparate a mille, grazie ai suoi riffing intramontabili. Il frontman John Tardy, ancora considerato uno dei migliori growler in circolazione, si presenta in forma eccellente, i suoi vocalizzi sono definiti e poderosi. Da non perdere il loro nuovo album Inked in Blood in arrivo il 27 ottobre. Gli americani di Portland Red Fang, dallo stile personale e tecnico, fanno saltare il pubblico con il loro classico Hank Is Dead. Gli Slayer fanno partire il conto alla rovescia degli headliner: la mancanza di Jeff Hanneman e di Dave Lombardo si nota, e si noterà sempre, anche se il duo diabolico Araya/King rimarrà leggendario negli anni. Come si fa a resistere ad un sano headbanging alle note di Angel Of Death e Mandatory Suicide? Impossibile! Dal tendone, la prima band black metal del festival attira non pochi adepti: gli americani Inquisition ancora una volta non deludono. Già alla prima traccia, Force Of The Floating Tomb, ci si rende conto di non aver davanti la solita brutalità e il solito marciume: lo stile ringhiante del frontman Dagon dà spessore e potenza a tutto il set. I finlandesi Children Of Bodom questa sera non danno la loro prova migliore, mentre gli svedesi Katatonia, dopo un inizio disastroso dovuto a problemi tecnici con il loro drum-set, incantano il pubblico, pronto per chiudere in bellezza con un set sublime, anche se ridotto. Ma c’è chi non ha alcuna intenzione di andare a dormire: ci pensano i black metallers norvegesi Khold a innescare l’ennesima marcia di questa giornata indimenticabile. Gli americani Skeletonwitch sono tra le prime band previste nella terza giornata e distruggono tutte le barriere del suono con il loro thrash tutto velocità e violenza. L’orgoglio italiano è rappresentato alla grande dai bravissimi Fleshgood Apocalypse: ripresasi dalle fatiche di una splendida performance a Wacken la settimana precedente, la band si propone con un palco  addobbato da raffiche di geysers sincronizzate e luci mozzafiato. Gli americani Six Feet Under sono da annoverare tra le band migliori di questa edizione del festival, il ringhio gutturale di Chris Barnes è unico quanto raro, reso ancora più potente da sequenze di riff ribassati e paludosi. Da notare, a questo punto della serata, l’incredibile affluenza del pubblico per i vichinghi Amon Amarth che quest’anno si presentano sul palco con tanto di dragoni sputa-fiamme, avendo sostituito il loro mitico vascello. War Of The Gods è ben posizionata nel loro set che riporta ancora una volta nel passato glorioso di divinità imbattibili. Dopo il black metal dei belgi Enthroned con raffiche di chitarra più crushing che mai, il ritardo subito dai polacchi MGLA purtroppo non consente di apprezzare il loro set in pieno, per riuscire ad accaparrarsi almeno in parte i pazzoidi industrial Combichrist, il cui batterista, Joe Letz, merita il premio di performer du jour grazie al continuo lancio in aria dei suoi drumsticks. La giornata di chiusura parte con un sole accecante che fa da contorno al primo thrash della giornata, quello dei tedeschi Dew Scented, in totale contrasto al sound sofisticato e decadente dei norvegesi Manes. Ci pensano i finlandesi Impaled Nazarene a distruggere qualsiasi forma di definizione con il loro black metal marcio e putrido, che scatena mospit a catena incontrollabili. Il sano hardcore stelle e strisce degli August Burn Red e dei veterani Sick Of It All rende l’atmosfera particolarmente adrenalinica, anche se, finora, il titolo di miglior performance della giornata spetta ai leggendari thrashers tedeschi Sodom. Capiscuola per molte formazioni del genere, i Sodom godono ancora di fama intramontabile, tanto che continuano a suonare in tutta Europa e oltre. Il motivo? Sanno come far divertire in assoluto, con passione: tracce quali The Saw Is The Law e Sodomy & Lust sono inni alla vita. Il seme marcio e malvagio del death metal continua a germogliare per i Krabathor, gruppo ceco che fa gli onori di casa, riunitosi proprio in occasione del festival. Il loro è un sound ricco di tradizionali intenti battaglieri, anche se il trio sembra aver affinato le proprie armi, pronto a riprendere un futuro promettente da esponente del genere. I Down di Phil Anselmo sono una delusione totale, i monologhi del frontman rendono il set noioso e interminabile. Il nostro si lancia in un breve duetto con il norvegese Satyr, frontman dei Satyricon ai quali viene finalmente passata la torcia. Ci sono pochi paragoni in giro: il loro set è sempre sinonimo di perfezione, il sound che non conosce calo di tensione, grazie a quella solennità black metal di fondo che rende i Satyricon sempre fieri e sensualmente battaglieri. La versione di questa sera del loro cavallo di battaglia Now, Diabolical è sublime. Lo scettro viene passato agli headliner My Dying Bride, il loro doom suggestivo e malinconico avvolge e scuote al contempo, la voce di Aaron Stainthorpe seduce il pubblico in un altalena di emozioni: la perfezione assoluta raggiunge l’apice in capolavori quali From Darkest Skies e She Is the Dark. L’atmosfera magica dei My Dying Bride accompagna verso la fine del festival, ogni forma di malinconia viene spazzata via dall’impeto dei trashers olandesi Hail of Bullets che scuotono di dovere il pubblico per gli ultimi saluti con le nuove amicizie nate in questi quattro giorni intensi, tra le mura della Fortezza magica.

Il 2015 sarà un anno speciale per Brutal Assault: si festeggeranno infatti i primi vent’anni di successo con due gruppi già annunciati, i brasiliani Sepultura e i canadesi Gorguts (che purtroppo hanno dovuto cancellare quest’anno per cause di forza maggiore). Non resta che iniziare a fare programmi per l’anno prossimo, accedendo al sito, http://brutalassault.cz/ o alla pagina facebook ww.facebook.com/brutalassault.cz per saperne di più. Stay tuned!

Fabiola Santini

PH: Fabiola Santini

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