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Brutal Assault

Fortezza Josefov | Jarom (Repubblica Ceca) | 9-12 Agosto ’17

Considerato come uno dei festival di metal estremo più gettonati di tutta Europa, Brutal Assault ritorna quest’anno con una line-up ancora una volta memorabile. L’evento che fa onore alla Repubblica Ceca si tiene come di consueto nella maestosa fortezza Josefov a Jarom__, cittadina situata a 130 km dalla capitale Praga. Per la prima volta nella storia (questa è l’edizione numero 22) il festival ha registrato il meritato sold-out a pochi giorni dall’inizio della maratona metal che ha attratto una miriade di fans da tutto il globo. L’organizzazione è eccelsa: quattro giorni, quattro palchi (due principali, il “tendone Metalgate” e la “tana” Oriental Stage) dedicati a live shows del calibro di Emperor che ripropongono il leggendario Anthem To The Welking At Dusk, dei cechi Master’s Hammer, Opeth, Devin Townsend Project e Carcass – quest’ultimi in sostituzione dei defezionari Morbid Angel -, Gorguts, Mayhem e Rotting Christ. Non mancano nomi italiani che fanno onore: Fleshgod Apocalypse, Hour Of Penance e Graveworm. Tra un concerto e l’altro, i metalheads possono rifocillarsi con l’imbarazzo della scelta sia a livello di prelibatezze culinarie (la nota “Vegan Street” è uno degli highlight della zona ristoro) che di beveraggi alcolici (la famosa birra viene servita non-stop) e non. L’unico neo dell’edizione 2017 del Brutal Assault è stato il tempo che, dopo una prima giornata soleggiata, non ha dato clemenza con tanto di tempesta improvvisa che ha costretto i Sacred Reich a interrompere il set. Per sopperire a questo inconveniente, gli organizzatori hanno offerto al pubblico la bellezza di ben 3333 birre a metà prezzo.

Day 1
La prima giornata parte alle 14:00 in punto con i God Mother, attualmente in tour con i The Dillinger Escape Plan, previsti in serata alle 21:45. La formazione svedese, autrice di un post hardcore contaminato da sludge, offre un ottimo inizio di festival. Si cambia genere drasticamente, ed è il turno dei tedeschi Deserted Fear, con la loro proposta di death bombastico che prepara il terreno alla perfezione per il nuovo super-progetto di Tomas “Tompa” Lindberg degli At The Gates, The Lurking Fear. A soli due giorni prima dell’uscita dell’album di debutto Out Of The Voiceless Grave, i Nostri fanno la prima apparizione al di fuori della terra natia e portano subito a casa i primi adepti. I Fleshgod Apocalypse sono la prima band italiana del festival: nonostante qualche problema audio sulle backing vocals del bassista Paolo Rossi, il gruppo si cimenta tra gli allori della giornata con uno show di tutto rispetto, raggiungendo l’apice con la maestosa The Fool’, tratta dall’ultimo fortunatissimo album King uscito nel 2016. Anche i canadesi Gorguts si confermano come una delle vette dell’intero evento: la band appare in splendida forma, eseguendo brani stellari tratti da Obscura (1998), From Wisdom To Hate (2001) e Colored Sands (2013). Quest’oggi si nota l’assenza del chirurgo di bordo Colin Marston, bassista e produttore degli ultimi lavori post-reunion della band, sostituito degnamente da un altro mostro delle basse frequenze, Dominic Lapointe, noto per aver militato nei Beyond Creation. È il momento della prima band hardcore della giornata: direttamente da New York arrivano i Madball che scatenano subito il moshpit tra i fans più agguerriti. L’atmosfera si ridimensiona con l’ heavy classico degli americani Metal Church. I cinque statunitensi fanno cantare tutto il pubblico con brani storici come Start The Fire e Beyond The Black, che conclude lo show. La tensione aumenta con i The Dillinger Escape Plan che seguono: assoli in crowd surfing, furia sonora e strumentazione letteralmente devastata dopo le ultime note di 43% Burnt. Una delle chicche di questo festival è decisamente il primo show in 25 anni dei cechi Master’s Hammer. La band propone un mix tra heavy classico e black seminale, il tutto completamente cantato in ceco dal frontman Franta _torm. Finita la messa occulta ecco arrivare direttamente dalla Bay Area gli altri headliner della giornata con il loro thrash metal senza compromessi: gli Overkill. Il loro live è furioso con un Bobby Blitz più in grinta che mai. Il set che segue è quello degli attesissimi Batushka. Otto “preti” incappucciati dall’identità sconosciuta scagliano al pubblico un black condito da melodie di base liturgica ortodossa, il tutto magistralmente eseguito ma probabilmente fra i concerti meno coinvolgenti. Dalle tenebre dell’Oriental Stage, situato tra le mura della fortezza, la sensazione dei tedeschi Ultha colpisce in pieno con un black sanguinolento che mantiene temperature elevate fino all’eccesso.

Day 2
Partenza col turbo per la seconda giornata: i canadesi Cryptopsy propongono il tour celebrativo del ventennale dell’opus None So Vile, portandolo live in tutta la sua interezza. Si passa subito al Metal Gate, affollatissimo e pronto ad accogliere la seconda band italiana di quest’anno, i romani Hour Of Penance, che ci regalano uno show brutale e dai ritmi serrati. Notevole la resa live dei brani più recenti come XXI Century Imperial Crusade e Cast The First Stone. Senza un attimo di respiro, le melodie orientaleggianti fanno da introduzione al concerto dei Nile, rimasti orfani dello storico cantante e seconda ascia Dallas Toler-Wade. La band ci regala una sorta di best-of show riproponendo degnamente brani da tutta la discografia, fra i quali spicca senza alcun dubbio Unas Slayer Of The Gods. Un breve assaggio di quello che sarà lo show più annichilente e destabilizzante della giornata, è quello degli americani Swans. Dopo la parentesi hardcore dei connazionali Hatebreed, con versioni sfavillanti di Destroy Everything e I Will Be Heard, è tempo di accogliere Emperor: i norvegesi deliziano il pubblico con la celebrazione e la riproposizione di tutto Anthems To The Welkin At Dusk con l’aggiunta di qualche classico. Gli Opeth sono in conflitto con un’altra sensazione dell’Oriental Stage, gli americani Uada, con il loro black marcio e putrido, il preludio perfetto ai Suffocation, in tour a supporto del loro ottavo opus …..Of The Dark Light.

Day 3
Le danze vengono aperte dai finlandesi Wolfheart, autori di un melo-death monolitico. Abbondano gli estratti dal secondo album Shadow World e dall’ultimo capolavoro Tyhjyys che in sede live guadagnano una marcia in più. Dopo la terza parentesi italiana del festival con i Graveworm, i Sacred Reich sono obbligati ad interrompere il concerto a causa di un forte temporale: tutto riprende dopo una ventina di minuti con Crime Against Humanity introdotta da Greg Hall. Lo scettro viene passato agli americani dei momento Incantation, in tour a supporto della loro nuova pietra miliare Profane Nexus: i problemi al microfono del frontman John McEntee non sembrano scalfire i Nostri che eseguono lo show più cattivo di tutto il festival grazie ai vocalizzi cavernosi e al drumming frenetico di Kyle Severn. I finlandesi Swallow The Sun salgono sul palco cullati da una intro idilliaca, seguita dalla splendida 10 Silver Bullets. In veste di headliner del terzo giorno spiccano gli intramontabili Carcass, degni sostituti dei Morbid Angel, i quali hanno annullato tutto il tour europeo a pochi giorni dall’inizio. Lo squadrone si presenta in anticipo rispetto alla tabella di marcia e il bassista/cantante Jeff Walker ci ricorda ironicamente che: “No, non siamo i Morbid Angel e nemmeno i Clawfinger”. La setlist pesca dai primi lavori quali Buried Dreams fino a quelli tratti dal loro ultimo lavoro Surgical Steel, passando anche per Swansong. L’ultima cartuccia viene sparata dai festaioli Clawfinger, la band si presenta sul palco con uno Zak Tell dietro al microfono che sveglia i presenti dall’annichilimento degli Electric Wizard, incitando il pubblico come pochi frontmen sanno fare grazie all’opener Prisoners.

Day 4
L’ultima giornata parte con il thrash dei danesi Artillery, che propongono uno show degno di nota ma ogni tanto tiepido a causa anche di qualche problema tecnico. La forza schiacciasassi dei Prong di Tommy Victor è inarrestabile: abbondano suoni da dieci e lode e una precisione di esecuzione da veri chirurghi e molto coinvolgente, specialmente durante Cut And Dry e sul classico Snap Your Finger, Snap Your Neck. Segue il metalcore melodico degli inglesi While She Sleeps, molto trascinante nonostante la proposta musicale sia piuttosto scontata. Per gli amanti delle sonorità più estreme arrivano, in tour a supporto del loro settimo album Alticult, i polacchi Decapitated capitanati dal rastacrinito Rafa_ Piotrowski che, con il loro death tecnico all’ennesima potenza, tengono in pugno i presenti nonostante frequenti problemi audio. E dopo queste raffiche di martello pneumatico è il momento di farsi anestetizzare dagli svedesi Tiamat, che propongono il loro opus Wildhoney in tutta la sua totalità. La penultima trasferta al Metalgate è d’obbligo per assistere al live più “punk” della giornata con Greg Mackintosh, già chitarrista dei più noti Paradise Lost e qui dietro al microfono, che accende la sua macchina infernale di death misto a doom e crust con i Vallenfyre. Lo show è decisamente trasversale e ben riuscito grazie all’eterogeneità dei brani proposti, dall’incredibilmente trascinata An Apathetic Grave alla selvaggia Nihilist. Cambia l’atmosfera con l’istrionico Devin Townsend e il suo Devin Townsend Project, progressive metal molto curato che culmina con una versione stellare di Epicloud. Putroppo lo show è in conflitto con i norvegesi Tsjuder, sovrani indiscussi del Metalgate di questa ultima giornata con il loro black dai timbri rock che conquista in pieno. All’appello mancano solo pochi concerti, tra i quali quello dei finlandesi Amorphis che ci propongono un setlist vario con brani tratti dall’ultimo album Under The Red Cloud (2015) che non sfigurano assolutamente di fronte a classici più datati. La fine di questi quattro giorni di massacri sonori arriva con con il rituale conclusivo dei Mayhem che ripropongono nella sua interezza il loro full-length degli esordi (1994), De Mysteriis Dom Sathanas, passando ancora una volta la prova a pieni voti.

L’afterparty si tiene l’indomani al Modrá Vopice di Praga con concerti esclusivi di Incantation, Zhrine e Mörkhimmel, e l’edizione 2018 del Brutal Assault è già in cantiere: si terrà ancora una volta tra le mura della Fortezza Josefov dall 8 all’ 11 agosto con un scaletta che si preannuncia stellare, dato che già comprende Carpathian Forest, Dead Congregation e Pertubator. Ed è solo l’inizio.

Lorenzo Corno e Fabiola Santini

ph Fabiola Santini

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