Top

BEAT GENERATION

Centre Pompidou Parigi

Fino al 3 ottobre il Centre Pompidou di Parigi ospita la mostra Beat Generation, un’ampia retrospettiva dedicata al movimento letterario e artistico nato alla fine degli anni ’40, sviluppatosi appieno negli anni ’50 e fonte di un’enorme influenza sui movimenti legati alla contestazione giovanile degli anni ’60. Di fatto il nucleo di quanto accadrà nei 60’s, in particolare con la cultura hippy, erompe dalla Beat Generation che ne ha anticipato tutti i temi nella poetica e nel linguaggio, dalla libertà sessuale all’uso di droghe, alla disillusione nei confronti della politica e del governo americano. La definizione ‘beat’ nasce in ambito giornalistico e viene adottata da Jack Kerouac, una delle principali figure di riferimento, il quale, giocando sul significato multiplo della parola che vuol dire ‘stanco, abbattuto’, ma è anche la radice di ‘beatificato’ (beatified), e indica la ‘battuta’ in senso musicale, mette in evidenza l’importanza della musica, soprattutto il jazz, per i poeti beatnik. La poesia beat è difatti scandita dai tempi del jazz e del bebop in particolare. Di questo legame troviamo un assaggio nel film Pull My Daisy del 1959, manifesto della Beat Generation, considerato il primo film beat, proiettato su un grande schermo all’interno della mostra parigina. Il cortometraggio di 28 minuti, diretto dal fotografo Robert Frank e dal pittore espressionista Alfred Leslie, racconta di una cena organizzata dalla moglie di un ferroviere alla quale viene invitato un vescovo, che però si trasforma ben presto in una serata di festa scatenata e irriverente, con l’arrivo inatteso degli amici bohémien del marito. Jack Kerouac è la voce narrante del film e tra gli attori ci sono Allen Ginsberg, Peter Orlovsky e Gregory Corso.

La mostra è organizzata per aree geografiche, con sale dedicate ai paesi significativi per la storia della Beat Generation. Gli Stati Uniti ovviamente, con New York, dove il movimento nasce dall’incontro tra William Burroughs, Allen Ginsberg e Jack Kerouac, nel 1944, alla Columbia University. Los Angeles e San Francisco, città quest’ultima dove si è poi spostato per gravitare attorno alla libreria e casa editrice City Lights fondata da Laurence Ferlinghetti e Peter Martin. In questa libreria viene organizzata nel 1955 la prima lettura pubblica del capolavoro di Allen Ginsberg, il poema Urlo, componimento a ritmo di bebop, che sarà poi pubblicato dalla stessa casa editrice e coinvolgerà l’autore e l’editore in un processo per oscenità. Per passare a Parigi, che ha avuto un ruolo fondamentale negli anni a cavallo tra la fine dei ’50 e l’inizio dei ’60 quando diversi esponenti del movimento, quali William Burroughs, Gregory Corso, Allen Ginsberg, Peter Orlovsky, Brion Gysin, soggiornavano frequentemente al Beat Hotel in rue Gît-le-Cœur, nel cuore della bohème parigina. Poi Tangeri, che fu meta di molti beatnik alla metà degli anni ’50, prima dell’indipendenza del Marocco, quando era ancora territorio internazionale e godeva quindi di una certa libertà. Proprio a Tangeri William Burroughs scrisse il romanzo Il pasto nudo. Infine il Messico dove spesso i beats si rifugiavano anche perché lì la vita era meno costosa.

Il materiale esposto è eterogeneo. Si comincia, subito dopo aver varcato l’ingresso, con il manoscritto originale di Sulla strada di Kerouac (1957), un rotolo continuo lungo quasi 37 metri, che si dipana per tutta la sala centrale della sede espositiva, attorno alla quale, fisicamente e simbolicamente, sono collocate le altre sale. Il manoscritto su rotolo fu scritto in tre settimane nel 1951, rielaborando appunti di viaggio presi qualche anno prima e scrivendo a macchina su fogli di carta uniti tra loro, con un flusso continuo per non interrompere l’ispirazione. Kerouac e Ginsberg definirono questa operazione ‘prosodia bop spontanea’. Ci sono poi numerosi filmati proiettati su grandi schermi in tutte le sale, videointerviste, tante fotografie che avevano grande importanza per i beat, dipinti e opere grafiche, libri e riviste, oggetti vari anche personali, dalla macchina da scrivere di Burroughs alle scarpe da ginnastica usurate di Kerouac e musica con vinili, documenti sonori con diversi musicisti vicini ai beatniks come Bob Dylan.

Una mostra multidisciplinare e multimediale, proprio come la Beat Generation.

Rossana Morriello

Parigi Centre Pompidou Galerie 1

https://www.centrepompidou.fr/fr

Fino al 3 ottobre, dalle 11h00 alle 21h00, Ingresso 14€

 

Condividi