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ARS ELECTRONICA

LINZ 3-7 settembre 2015

Ogni Settembre a Linz si svolge una raffinatissima manifestazione internazionale di confine tra Arte Visiva, Tecnologia, Visioni, Musica e Creatività: “Ars Electronica, Festival for Art, Technology, Society”. Quella che segue è una breve cronaca di quanto e come si possa rimanere coinvolti in una sterminata messe di imput, di tracce, di frames vitali e feed back organici.

Primo giorno

Inaugurazione sotto la pioggia, dopo una settimana di caldo torrido; non è poi cosi male essere sfiorati dal fresco venticello del Danubio, mentre raggiungi “Post City”, una vera e propria roccaforte, una città nella città, ricavata nei vecchi misteriosi magazzini postali della città. Ad onor del vero l’impatto è con una realtà strutturale inquietante; strutture di antichi edifici industriali che impattano con altre altamente tecnologiche sia a livello ambientale sia – come vedremo – a livello di contenuti.

Le proposte sono tantissime e disseminate nei meandri a più strati di Post City, ma anche nel palazzo cangiante di Ars Electronica sulle rive del Danubio, del Cinema della galleria Centrum e nelle strutture raffinatissime del centro culturare OK IN OO KULTURQUARTER.

Il tema di quest’anno è il mondo e i suoi insediamenti, lo spazio urbano, il mondo delle metropoli e il conflitto (che si può risolvere, come vedremo, in una fusione) tra cybernetico e umano.

Ecco perché i temi spaziano da progetti per salvare lo spirito umano fino alle visioni piu pessimistiche e disperate. Fortunatamente prevale un senso di creatività costruttiva, positiva e ludica, dopo anni e anni di arte spazzatura, depressa e annichilita; c’è un senso di “rigenerazione”, di “ristrutturazione”, di impegno verso il civile ed il sociale. E così anche la ricerca degli artisti si impegna e si indirizza a trovare contatti seminali con una rinascita o quanto meno continuazione della vita umana sul nostro pianeta. In quei magazzini postali si ha la sensazione che si stia giocando una partita importante: quella di un’Arte non autocompiacente ma che si piega alla funzialità di un progetto civico e sociale. Ed è davvero appagante vedere artisti giovanissimi (per lo più ventenni) che presentano con geniale candore la loro arte disinvolta e stupefacentemente gentile.

Noper.aka Radu Pop, art director, illustratore e animatore freelance di Bucarest, ha escogitato la SAINT MACHINE, un uovo frastagliato e illuminato al cui interno sono retroillluminati alcuni tarocchi in movimento come un ricongiungimento tra Arte Magica e Astrale ed il nostro tempo.

Aisen Caro Chacin e Takeshi Oozu invece hanno inventato un “guanto cybernetico” da indossare nell’acqua (mare,lago,fiume fate vobis) che riceve impulsi energetici dai corpi e dalle mani di chi rimane in superficie. Uno scambio di energia tra uomini dalla terra al mare: stupefacente!

Ironica e geniale Dorota Sadovka, nata a Bratislava, in Slovachia, allestisce una vera e propria boutique con sconti “due al prezzo di uno”, con vestiti fatti di erba ovviamente griffata. Un modo come un altro per riportare attenzione al nostro vero essere, ironizzando sulle sovrastrutture che la nostra società ci impone.

Passando poi all’OK IN OO KULTURQUARTER troviamo le opere d’arte premiate; tra esse mi piace evidenziare la geniale opera del belga Alex Verhoest che, riallacciandosi in un certo senso all arte fiamminga, la deride con grande capacità attraverso insert elettronici di insetti e farfalle e raffinatissimo “morfing”.

Secondo-Terzo giorno

La mia scelta d’apporccio alla manifestazione è – per così dire – cageana: non scegliere itinerari prefigurati ma visitare “dove capiti”, sbattendo in mille incredibili accadimenti imprevisti e, per ciò, ancor piu graditi. Il lussuoso catalogo diventa la consultazione “ex post”, cioè quella dell’approfondimento, mentre la scleta è dettata dall’istinto.

In questo secondo (e terzo) giorno mi accorgo che la presenza giapponese al Festival è davvero importante ed i giovanissimi artisti nipponici spuntano da ogni dove. L’Arte nipponica di questa Next Generation supera la generazione del dolore e del candore post-atomico. È una generazione di giovanissimi il cui DNA è conscio di poter essere geneticamente riprodotto; che usa il gesto creativo come “gesto di creatività minimale” che lascia trasparire ed intuire più che dettare regole, perché ha paura di essere riprodotto o modificato da “altri”. Con la conseguenza che le cose “dette” sono simili ad hiku, il significato profondamente poetico si ritrova nel pudore minimale.

È il caso di TEAR DROP GLASSES di Shigeo Yoshida che propone un prototipo di occhiali da indossare con i quali guardare alcune scene video. Improvvisamente dagli occhiali iniziano a scendere gocce d’acqua e scendono “lacrime dopate”: è chiaro che il gesto è provocatorio (non si piange più nemmeno per gli orrori) ma anche ludico e educativo (fa bene piangere); l’installazione fa davvero pensare: in un mondo ove le lacrime sono “patrimonio segreto” di ognuno di noi… diventano protagoniste di un gesto d’Arte e quindi sociale.

In tal senso anche OSAKA zu BYOBU di Takanashi Iura: un raffinato dipinto giapponese del XVII secolo, smembrato –nel tempo – in 4 pale sull’altare della Scholss Eggenberg di Graz e qui genialmente ricomposto, come se potesse ricompattarsi una città intera attraverso il tempo. Sulle stesse tonalità anche “Designing Nature” di Iura e Sachiyo Oshima, “KAKITSUBATA”, un antico e prezioso pannelo raffigurante fiori e natura che, destrutturato, assume la configurazione di uno spartito musicale che viene adeguatamente “suonato”.

Quarto-quinto giorno

Nel museo Ars Electronica è stato ricavato uno spazio denominato “DEEP SPACE” in cui a 8mk vengono proiettati progetti video di enorme impatto (anche commerciali e facilmente fruibili), basti pensare che lo schermo è di tre voltre piu grande di quello di un normale cinematografo…. e in tale spettacolare spazio sono stati riproposti antichi giochi elettronici con conivolgimento reale del pubblico (bambini e adulti) che, calpestando il suolo, effettuano le manovre solitamente delegate ai pulsanti della Playstation. E poi auto futuristiche (in produzione per la Mercedes) e applicazioni 3D nella scienza medica.

Al Centrum troviamo una scorpacciata di corti di animazione, vero sigillo e fiore all’occhiello della manifestazione: appare giusto menzionare la serie di corti nello spazio dedicato al grande Erick Oh (su youtube troverete la produzione pressoché completa), vero innovatore dello schema narrativo video nell’animazione.

Ma non posso nemmeno tralasciare la lunga conferenza del pluripremiato Jeffrey Sham, che alcuni ricordano come creative dei Genesis, curatore di tutti i dettagli delle strutture dell’enorme, spettacolare event concertistico (1974) The Lamb Lies Down on Broadway.

La domenica sera è dedicata alla ”Music on the Move” con l’austera Bruckner Orchester diretta dallo statunitense Dennis Russell Davies alle prese con pagine di Aaron Copland (Music for a Great City) e Elliot Goldenthal (Symphony in G Minor).

La musica scivola sulle strutture industriali, sulle invenzioni cibernetiche e sulle identità creative come fosse un magnifico collante sensitivo. Non importa a questo punto l’attualità o meno della proposta sonora, importa la sua installabilità, la sua rigenerazione attraverso la commixtio dei vari generi d’arte. In questo grande cantiere creativo la musica assume il pudore di un elemento strutturale, come fossero mattoni o calce, e si coagula alle altre energie creative. Un paradosso di enorme impatto.

Quel che resta di questa grande avventura è un prurito delle cellule cerebrali che da tanto tempo non era “di moda”; l’illusione e la rassegnazione avevano marchiato a fuoco un periodo di tempo veramente lungo, tanto che il rock è diventato post-rock senza che nessuno potesse farci nulla. Ebbene i sintomi nuovi sono nell’aria, e non sono tossici o letali ma creativi, positivi ed energetici. Sempre che il mio fiuto funzioni ancora!

Francesco Paolo Paladino

 

 

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