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MARISSA NADLER

July | Sacred Bones/Bella Union

Marissa-Nadler-JulyNon cessa di cercare nuove strade in grado di esaltare la magia del suo folk oscuro e sognante Marissa Nadler che, al settimo album e all’ennesimo cambio di etichetta, si ripresenta con piglio estremamente diretto, in un ulteriore scostamento dalle tentazioni sintetiche e country del periodo centrale della sua discografia. July prosegue l’apprezzabile risacca del precedente The Sister verso un più congeniale alveo folk, non tuttavia nel senso di un comodo ripiegamento su terreni noti, bensì portando a coerente compimento una ricerca di soluzioni sonore diverse. La Nadler torna a porre l’accento sui caratteri più spettrali del suo songwriting, affidandosi alla produzione di Randall Dunn (Sunn O))), Earth) e includendo nella band che ha collaborato al disco gli archi dalle sfumature inquiete di Eyvind Kang. Le sue austere orchestrazioni, unite a una tenebrosa ambience di fondo, a cori angelici e a un picking cristallino e circolare, contribuiscono a creare una dimensione visionaria, fuori dal tempo, sulla quale si muovono sinuose le incantate interpretazioni della Nadler, che appare particolarmente a proprio agio tanto in residui passaggi di classico folk acustico (Firecrackers, We Are Coming Back) quanto soprattutto nella rinnovata varietà di ballate sospese tra sogno e incubo, dalle tinte via via più misteriose (1923, Dead City Emily, Anyone Else). Classe immutata, in proficua trasformazione.
Raffaello Russo

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