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ZERO DARK THIRTY

di Kathryn Bigelow

USA 2012

 

“Zero Dark Thirty”, in gergo militare, significa “Mezzanotte e mezzo”, ovvero l’ora in cui nel maggio 2011 scattò il blitz che portò all’uccisione di Osama Bin Laden, la quintessenza del male dopo l’attacco all’America dell’11 settembre 2001. E Zero Dark Thirty è anche il titolo del nuovo film della Bigelow, che dopo il pluripremiato The Hurt Locker (anche in quell’occasione si parlava di Stati Uniti, guerra e terrorismo) ha scelto di rimanere in questo ambito e di raccontare la storia della cattura di Osama.

Il film è carino ma tende a sbandare un po’ troppo. Colpa della sceneggiatura ma anche della Storia (quella che solitamente si studia sui libri) che ancora non ha fatto adeguata luce sulla figura di Osama Bin Laden, sulla sua cattura e su tanti altri dettagli che la pellicola si guarda bene dall’approfondire, anche per patriottismo. Molto più semplice, infatti, raccontare l’eroismo piuttosto che andare oltre il proprio orticello. Insomma, poco coraggio e tanta voglia di narrare i fatti dando a essi una bella patina e naturalmente il lieto fine.

Film sostanzialmente diviso in due parti: la prima investigativa (e noiosa), la seconda più dinamica e coinvolgente. La parte iniziale mette a dura prova l’attenzione dello spettatore, che travolto da una lunga serie di nomi finisce per sentirsi come quegli studenti convinti di sapere tutto su un argomento specifico (in questo caso la cattura di Bin Laden) e poi costretti a fare i conti con la dura realtà dei fatti. La Bigelow spinge lo spettatore all’inseguimento di Maya, la protagonista, una giovane agente della Cia ossessionata dallo Sceicco del Terrore: le indagini la porteranno a vedere da vicino gli orrori della guerra e le torture praticate dagli americani per… spronare i terroristi a parlare. Robe abbastanza note, qui raccontate visivamente senza grande maestria. Peccato.

Nella seconda parte la pellicola sale di tono ed è facile seguire il filo narrativo. Tutto è incentrato sulla cattura di Bin Laden, sui preparativi (politici e pratici) e naturalmente sull’azione. Rispetto alla prima parte, qui il film convince di più perché riesce a coinvolgere maggiormente lo spettatore dal punto di vista emotivo, ma tecnicamente sono tanti i passi falsi, a cominciare dalla caratterizzazione dei personaggi in scena, che risultano piatti. Brutte anche le sequenze relative all’attacco all’abitazione di Bin Laden: era necessario indugiare così a lungo sui soldati che fanno saltare le porte con l’esplosivo? Peccato che la Bigelow non abbia avuto il coraggio di caratterizzare meglio la figura dell’antieroe soprattutto nei lunghissimi minuti tra l’ingresso nella villa e la sua uccisione. Sarebbe stata una bella prova di maturità andare oltre i luoghi comuni e misurarsi con il tormento di un uomo ormai prossimo alla morte. Invece Osama appare e scompare in pochi istanti. Un colpo, via e tutti a casa.

Ultima nota sugli attori in scena, Jessica Chastain nei panni di Maya fa il suo senza strafare, molto meglio il contorno con Jason Clarke (l’agente Dan, il torturatore) su tutti. Abbastanza ordinarie le poche scene in cui il grande James Gandolfini interpreta Leon Panetta, lo storico direttore della Cia.

In conclusione: un film pieno di luci e ombre, come del resto la cattura di Bin Laden.

Francesco Casuscelli

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