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U2

The Joshua Tree – 30 Years | Universal

La contraddizione mi perseguita mentre ascolto questa mastodontica celebrazione del trentennale dall’uscita del quinto album in studio degli U2. Svariati formati disponibili per accontentare il gusto di un pubblico che non sa rinunciare al feticismo del superdeluxe e deluxe boxset, compreso il sottoscritto, ben s’intende. Box da 7 vinili, da 4 cd, da 7 vinili più borsa porta dischi con libro fotografico di The Edge, 8 sleeves firmate Corbijn, oltre naturalmente la normale versione double cd. Una studiata operazione commerciale che fa scordare il contenuto principale dell’oggetto: la musica. Chi decidesse di acquistare il box set si troverebbe a confrontarsi con 49 tracce comprendenti i brani originali dell’album più tracce dal vivo, remixes, outtakes e b-sides per un totale di oltre tre ore e mezza di ascolto. E qui scatta la contraddizione tutta giocata in casa tra l’uno che ritiene la band irlandese testimone di un passato quasi remoto e l’altro che subito si scioglie non appena attacca l’intro dedicato a quelle strade senza nome che ancora molti di noi continuano a frequentare. Album storico dall’animo esplosivo, magia alchemica scaturita da indimenticabili fuochi che solo Eno e Lanois conoscevano. Brividi, tutt’ora a distanza di trent’anni: Brividi! Tra le decine di tracce disponibili, però, ne esiste una che ben descrive il carico di ricordo e passato che gli U2 si portano appresso. Un remix lungimirante ad opera del sempre illuminato Flood che riesce lucidamente a descrivere una sorta di nebbia cronologica dentro la quale è imprigionata la voce stanca e lontana di Bono che disperatamente va ancora alla ricerca delle sue strade per sempre perdute e oramai sì, senza alcun nome. Commozione.

Mirco Salvadori

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