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MUDHONEY

È circa mezzanotte. Le ultime note di Fix Me dei Black Flag risuonano ancora nell’aria tiepida di un Locomotiv zeppo di gente. La band saluta il pubblico poi, prima di rientrare nei camerini, Mark Arm si ferma. “Scusate, posso chiedervi una cosa?” dice, con un sorriso malizioso stampato in viso. “Qualcuno di voi c’era nel 1992??”. Nel silenzio generale si alza un braccio, che in risposta riceve da Arm un pollice in su e un “Right on, brother!”. Complimenti, fratello! Sei l’unico testimone, l’anello di congiunzione tra il presente e quei meravigliosi anni ’90. Quando Seattle era il centro del mondo.

Nel 1992, ventisei anni fa, i Mudhoney avevano suonato in un locale che oggi non esiste più, il Cryptonight di Baricella. Un locale di provincia dalla vita breve, ma circondato da un’aura quasi mitica per aver ospitato nel ’91 nientemeno che i Nirvana.

I Mudhoney non hanno mai raggiunto il successo dei concittadini, né hanno venduto quantità di dischi minimamente paragonabili a Pearl Jam e Soundgarden. I loro trent’anni tondi di carriera parlano di una band che ha mantenuto negli anni lo spirito del grunge. Quel suono ruvido, sporco e ipnotico, a metà tra il punk e il metal, loro non l’hanno mai abbandonato, trasformandosi in una sorta di icona.

Senza atteggiamenti nostalgici, ma con la semplicità e l’essenzialità di sempre, Arm e compagni hanno regalato al pubblico bolognese uno show senza orpelli nè pause. Solo musica: 29 brani suonati senza soluzione di continuità (roba che manco i Ramones…) e un’energia che ricorda i (bei) vecchi tempi. C’è spazio per tutta la discografia, sebbene la scaletta lasci molto spazio all’ultimo Digital Garbage e alle sue digressioni psichedeliche. Appare del tutto evidente però, che il pubblico preferisca pogare sotto le sferzate metalliche di Into The Drink, You Got It, Touch Me, I’m Sick e Suck You Dry.

Il finale è un vero e proprio omaggio all’hardcore punk, degnamente rappresentato dal “trittico” The Money Will Roll Right In Dei Fang, Hate The Police dei Dicks e la conclusiva, infuocata, Fix Me firmata Black Flag.

Chissà se il “superstite” del ’92 è andato a trovare la band nei camerini, dopo il concerto. Ci piace immaginarli tutti insieme a tirare fuori vecchi ricordi, davanti a una birra. Con gli occhi appannati da qualche lacrimuccia.

Daniele Follero

Bologna  | Locomotiv | 21 Novembre

ph Stefano d’Offizi, foto del live di Roma

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