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MAX ZANOTTI

Sono tempi oscuri…

Max Zanotti lo conosciamo bene. La sua anima rock emerge nei Casablanca, ma non si tira certo indietro nel mettere in mostra un lato più sofferto, scuro e raccolto. Il nuovo disco solista, A Un Passo, dell’ex voce dei Deasonika è un viaggio musicale a base di folk/blues, a luci molto basse, in una terra in cui l’intimismo e il raccoglimento (per guardarsi finalmente dentro) sono elementi preziosi e necessari. Max Zanotti ci espone il suo modo di affrontare questi tempi oscuri e non ci lascia indifferenti.

Sono trascorsi otto anni dal tuo ultimo disco solista: come avviene l’approccio al tuo nuovo materiale? È un modo per esplorare suoni e modalità che con una band non riesci (o non vuoi) trattare?

La differenza tra una band e l’essere solista è nella condivisione di idee e approccio musicale. La band è un po’ la somma di tante teste, almeno dovrebbe essere così, altrimenti non dovrebbe chiamarsi tale. Avevo voglia di isolarmi da tutto e scrivere canzoni senza avere condivisione di tempistiche e di strade alternative a quello che volevo fare in questo disco.

Unico compagno di viaggio è stato Silvio Pirovano, con il quale ho arrangiato molti brani del disco, a livello chitarristico intendo. 

Queste canzoni nuove sono tutte recenti o sono nate nel corso degli anni passati?

Le canzoni sono nate nel tempo. Scrivendo sempre ho poi isolato quelle che avevano in comune le sonorità dell’album. Una volta segnata la strada musicale sono state scritte le ultime 3/4 canzoni che hanno poi completato l’album. Comunque si parla degli ultimi due anni.

Mi piace molto l’approccio intimo e raccolto dell’album: muoversi quasi in punta di piedi, puntando a una forma misurata, fa parte di un tua metodologia personale anche lontano dalla musica?

Dipende, non mi piace essere sopra le righe in nessun campo, cerco di rispettare gli spazi. Nella musica mi viene spontaneo schierarmi e non pensare di dover piacere a tutti. A furia di strizzare l’occhio tanti artisti mi sembrano diventati musicalmente ciechi.

Spesso la chitarra acustica la fa da padrona in questo album. Immagino proprio che i pezzi siano nati così, tu e la tua chitarra, con la linea melodica ben chiara. 

Esatto, sono nati tutti chitarra e voce, ho poi cercato di mantenerli più simili alle idee iniziali.

Certe suggestioni (come la parte rap di Qualcuno qui si ferirào il fatto che per On The Other Sidelasci praticamente tutto il cantato a Kayla Parr) sono idee che sono nate in fase di realizzazione o erano “esperimenti” che avevi già in mente?

Per quanto riguarda gli ospiti li ho voluti per le loro caratteristiche. La voce di Georgeanne Kalweit (Delta V) è unica e pensando ad un duetto molto intimo e sulle frequenze basse lei era quella che avrebbe dato ilvalore aggiunto al pezzo. Francesco Setta è un giovane cantautore che arriva dal rap, è talentuoso e ha dato ritmicità e un pelo di cattiveria alla traccia. Kayla è un angelo, l’ho conosciuta quasi per caso. Mi ha fatto sentire qualche cosa che aveva registrato e ne sono rimasto affascinato. Il fatto di averle dato tanto spazio è stato anche un modo per dire “Hey ragazzi, in Italia c’è anche altro e anche di un altro livello“. Non mi interessa se siano poco conosciuti. Credo che chi, come me, è in giro da molto tempo abbia il dovere di dare spazio al talento, se lo trova sulla sua strada.

Un folk oscuro venato da una malinconia blues che pervade tutto il disco: sono tempi difficili quelli in cui viviamo e forse questa toccante sensibilità musicale, espressa nel tuo disco, può davvero essere una forma catartica nell’approccio a ciò che ci circonda, per (andando all’origine del termine blues) liberarsi da questa tristezza che ci pervade (e, magari, meritare di salvarci l’anima, citando un tuo brano)? 

Wow, bella domanda. Èstato un periodo abbastanza difficile e potendo esorcizzarlo con la musica il percorso è stato naturale, non facile ma naturale. Ho sempre amato queste venature dark ed è stato quasi un privilegio poter affrontare queste tematiche cantando e suonando queste note.

Da cosa ti senti di essere ormai ad un passo (musicalmente ma anche umanamente, se ti va) e da cosa invece ti accorgi di essere ancora tanto lontano?

Se si vuole crescere, non solo musicalmente, ci si trova sempre a un passo da qualcosa. Sono curioso, ho tante domande a cui sto cercando di trovare risposte. Si vive ormai lontano dalle persone, siamo diventati una collettività di persone sole. Vorrei stare lontano da questa idea, anche se non è facile.

Come ultima domanda mi piacerebbe sapere, visto che siamo a fine anno, qual è stato il tuo album (o i tuoi album) preferiti in questo 2019.

Se devo fare un po’ di nomi ti dico Tradizione e tradimentodi Nicolò Fabi, per la sua maestria nel non sprecare mai una parola nei suoi testi, The Nothingdei Korn, che mi ha riportato alla prima volta che ascoltai Blind, anni stupefacenti a livello musicale e il disco di  Billie Eilish, che ha una voce incantevole, un approccio minimale e allo stesso tempo ricco che non sentivo da tempo. Su tutti però A Un Passoè il mio preferito del 2019… ahahah.Riccardo Cavrioli

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