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MASSIMO VOLUME

Il report del live di Genova

I Massimo Volume ripartono da Stanze,molti anni dopo, l’ingresso al concerto è con Ronald, Tomas e io, staffilate basso, chitarra, batteria e… parole.

Da quando hanno iniziato la loro avventura, le parole e le note dei Massimo Volume non hanno smesso di parlare alle nostre orecchie, nella lingua madre che non era la lingua originaria del rock. Hanno accompagnato per fortuna e sfortuna una generazione appassionata di punkers e new wavers che non capiva fino in fondo le traduzioni dall’inglese Edizioni Arcana di Lou Reed o i Rolling Stones o David Bowie.

Si cerca sempre di vederli e ascoltarli in maniera bidimensionale i Massimo Volume, la musica e i testi. Ci si chiede sempre: se togliamo i testi la musica funziona da sola? E se invece togliamo le note e i suoni i testi funzionano? Si tende l’orecchio per capire le parole, che dal 1993 di Stanzeparlano nella madrelingua direttamente a noi. A chi ha portato per tanti giorni con sé in questo lasso di tempo alcune frasi di Emidio Clementi (“ricordi Leo fuoco fatuo? tutte quelle sfere, cubi, qualcosa da afferrare, una pallottola alla fine”). Verba volant, scripta manent. 

Grazie allospoken word , così letterariamente appassionato, tra beat generationed esistenzialismo francese, immagini e situazioni che abbiamo fatto nostre, andandocene fieri della propria alterità da un mondo che fa schifo. Di questo, davvero grazie. Grazie del vuoto colmato.

Stanze,in ristampa quest’anno, parla anche di casa mia, di luoghi e avvenimenti che non sono successi solo a me, quando un amico ad esempio mi copiò una cassetta di questo album, e sul comodino c’erano Altri libertinidi Pier Vittorio Tondelli e i disegni di Andrea Pazienza e si credeva di essere dei bohèmiens.

Poi i Massimo Volume si sciolsero e tutto sembrò inutile. Forse un inconscio collettivo, quello che Carl Jung dovrebbe chiamare la sincronicità, li ha fatti tornare insieme. Sarà stato anche un qualcosa di magnetico.

Il palco, le parole, la vita, gli albums, i libri. Ora questo mondo fa un pò meno paura e il tempo speso dal 1993 è stato molto lungo, è vero. Quasi miracolosamente, questa sera, invece, il tempo si è accorciato.

Luca Pagani

Genova, La Claque, 17 Gennaio

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