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INTERVISTA A NICOLÒ POZZOLI – RECORD KICKS

The Explosive Sound Of Today’s Scene

Caro Nicolò, vuoi raccontarci un po’ la tua storia, com’è nata la passione per il soul e il funk?
Sin da ragazzo mi sono appassionato alle musica indipendente e alle sottoculture musicali e giovanili, soprattutto quelle in arrivo dall’Inghilterra, dal Punk allo Ska / 2Tone, la sottocultura Mod. Negli anni ‘90 la scoperta del northern soul, mi ha introdotto in un mondo sconosciuto fatto di dischi rari, etichette introvabili, record collecting e passione per il vinile. Da li non mi sono più fermato, ho iniziato a collezionare dischi e mi si è aperto un mondo infinito fatto di soul, funk, rare groove, reggae, boogaloo, colonne sonore e jazz. Mi sono laureato con una tesi sul marketing applicato alle etichette discografiche indipendenti e dopo qualche anno trascorso alla fine degli anni 90 a Vitaminic, una piattaforma per la distribuzione della musica digitale molto in anticipo con i tempi, nel 2003 mi sono lanciato con la Record Kicks.
Come ti è venuta l’idea di fondare una casa discografica in Italia proiettata nel mondo della black music e quali difficoltà hai incontrato e incontri tutt’ora?
La motivazione che mi ha portato ad aprire un’etichetta discografica è solo la passione per la musica. L’idea sin dal principio è stata quella di sviluppare un etichetta discografica che si occupasse di black music, ma concentrata soprattutto sulla scoperta e sul lancio di nuove band piuttosto che alla ristampa di cataloghi più o meno rari. La nostra prima uscita è stata la compilation SoulShaker, dedicata alla scena funk & soul contemporanea. Il motto adottato e che tutt’ora definisce la label è “The Explosive Sound of Today’s Scene” e siamo molto contenti di avere nel nostro piccolo contribuito a supportare e sviluppare la cosiddetta scena retro soul e new funk in tutti questi anni. Se oggi non sono tante le etichette discografiche che si occupano di questo genere musicale, nel 2003 erano ancora di meno. Il mio amico Neal Sugarman fondatore della mitica Daptone Records, all’epoca anch’essa nata da poco, mi ricorda sempre la sua sorpresa quando nel 2003 ricevette da noi una richiesta di licenza discografica per Sharon Jones & The Dap-Kings per il nostro primo volume di SoulShaker. Il fatto di essere un’etichetta specializzata poi è stata la salvezza della Record Kicks. Ora siamo distribuiti in tutto il mondo, dal Nord America al Giappone, nel corso degli anni ci siamo ritagliati un bel pubblico di aficionados in tutto il globo che ci segue assiduamente e siamo appena reduci dal Record Kicks Fest 2017, una festa sold out dell’etichetta al mitico 100 Club di Londra, con questo giro sul palco Tanika Charles, Hannah Williams e i Bluebeaters, che ci ha ricaricato le pile. Le difficoltà sono innegabili per chi cerca di fare la proprio strada e proporre musica indipendente e sono soprattutto legate ad una carenza di spazi a disposizione, che con il passare degli anni, sembra ridursi sempre di più. La distinzione tra musica indipendente e major si è notevolmente assottigliata, con sempre più etichette indipendenti che rincorrono strade facili, l’impressione è che soprattutto nelle nuove generazioni il gusto generale si è molto appiattito verso il basso, dominano la TV e i talent televisivi ed è sempre più difficile farsi notare. L’ufficio della Record Kicks non si è mai mosso, dal 2003 è in un seminterrato che chiamiamo “il Bunker” e quando pensiamo alle cose che facciamo a volte ci sembra di essere “in missione”, un piccolo avamposto. In ogni caso finché saremo sorretti dalla passione, quella dei nostri artisti, di tutti quelli che lavorano alla label insieme a me come Daniele e Antonio e di quelli che ci sostengono, continueremo ad andare avanti a fare le nostre cose.
Il catalogo Record Kicks comprende un sacco di artisti stranieri: in base a quali criteri li scegli?
Sì, il roster dell’etichetta è composto al 90% da artisti stranieri e le uniche eccezioni italiane al momento sono i Calibro 35 e i Bluebeaters. Per come concepisco io la professione dell’A&R, è soprattutto il cuore a suggerirmi le scelte. Per prima cosa devo innamorarmi del progetto e della musica, tutte le altre considerazioni arrivano dopo. Essendo un piccola etichetta discografica specializzata non abbiamo budget da rispettare o imposizioni da seguire. Non dobbiamo rincorrere trend o battere un ferro finché è caldo. Possiamo, anzi dobbiamo, rischiare e cercare di proporre qualcosa che secondo noi sia valido e che a nostro avviso tutti dovrebbero sentire. A me piace sempre ascoltare nuove cose, e questo è forse uno degli aspetti più belli del mio lavoro. Poi ogni disco ha la sua storia. In Tanika Charles ad esempio mi ci sono imbattuto girando a caso su Bandcamp. Mi sono subito innamorato e l’ho contattata immediatamente. Altre volte sono i gruppi che ci contattano e che ci inviano il materiale. Il numero di produzioni su cui lavoriamo ogni anno è limitato, è impossibile rispondere a tutti ma io cerco sempre di ritagliarmi il tempo per ascoltare tutto quello che è in linea con la nostra label.
Sempre scorrendo il catalogo della Record Kicks notiamo un sacco di vocalist femmiinili, penso a Tanika Charles, Baby Charles, Hannah Williams, Marta Ren dei Groovelvets, Elsa Beckman dei Tibbs, hai forse una predilezione per le voci femminili e come le recluti?
Devo ammettere che è così, anche se cerco sempre di valutare i progetti nel loro complesso senza limitarmi alla voce. Abbiamo anche gruppi strumentali come i grandissimi e già citati Calibro 35, gli australiani the Liberators, o il supergruppo Trio Valore composto da membri di Style Council, Ocean Colour Scene e Oasis, o con cantanti maschili tipo gli americani Third Coast Kings, gli inglesi Baker Brothers o i nostri Bluebeaters.
Vedi prospettive di crescita per il soul nel nostro paese, ci sono delle band interessanti che stai seguendo?
Il soul continua ad essere un genere difficile per il gusto musicale italiano, perché molto legato alla lingua inglese per la sua componente vocale. Noto, però, un crescente interesse verso questo tipo di sonorità, con sempre più serate e concerti anche di gruppi internazionali che prima arrivavano raramente dalle nostre parti. Seguo con interesse le cose di Luca Sapio con i sui Dark Shadow, ma anche progetti diversi come Ghemon o quello di Davide Shorty, dove la componente funk & soul serve anche per imboccare nuove strade. Poi c’è una fiorente scena di gruppi funk, jazz-funk o afro-funk che rientra molto nelle nostre corde. Basti pensare al fantastico periodo dei grandi compositori e delle colonne sonore Italiane degli anni 60 e 70 (Micalizzi, Umiliani, Barigozzi, Morricone) che tutto il mondo ci invidia.
Ti va di anticiparci qualcosa sui progetti futuri della tua etichetta?
Abbiamo un paio di “bombe” che purtroppo non possiamo ancora svelare, state certi però che ci troverete sempre qui nel Bunker a sfornare vinili di groove e sudore.

Gianni Tarello

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