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Hot Chip: report e foto live

Era iniziata per scherzo con un’amica di Milano: vediamo quando posso tornare a fare due salti in città. Mea culpa, nonostante abbia amato ed ascoltato spesso l’ultimo lavoro “A Bath Full Of Ecstasy” uscito a giugno per Domino, l’unica data italiana degli Hot Chip, passati dall’Alcatraz di Milano sabato 30 Novembre, mi era passata in sordina. Avevo sottovalutato quella che si è rivelata una delle esperienze live più divertenti di questo 2019 ormai agli sgoccioli.

Forte di una carriera ormai ventennale, la band riesce ad attirare un pubblico eterogeneo che va dal giovane appassionato di dance al (ultra) quarantenne affezionato all’indie. Indietronica, non solo un genere, ma un vero e proprio crossover generazionale. Sul palco i sette membri, tra fondatori e vari personaggi che si sono aggiunti alla formazione strada facendo, appaiono come una setta hippy nerd, con le tute in triacetato che rivelano sotto di loro magliette tie and dye, che altro non sono che le stampe della copertina dell’ultimo album, che riprendono i colori della sobria scenografia formata da elementi geometrici luminosi, a metà tra un dance floor anni 80 e uno studio di cromoterapia “gone bad”.

La scaletta non si concentra su gli ultimi pezzi usciti, come spesso succede per i tour promozionali, ma predilige piuttosto l’uniformità del suono, il flow, regalandoci uno show con livelli di allegria contagiosa e catartica, e voglia di ballare sempre altissima. Ovvia e praticamente da copione l’esplosione di braccia alzate, telefoni in modalità video, bicchieri che saltano ed entusiasmo alle stelle quando si riconoscono le note di “Over and Over” e sul lungo finale con una “Ready for fhe Floor” in cui anche la band si lascia definitivamente andare. L’ultima chicca arriva nell’encore, proprio mentre una ragazza mi dice che li aveva visti 10 anni prima, ed allora la voce del frontman Alexis Taylor era meno incerta, parte a bomba una versione fedelissima (anche nel cantato praticamente urlato) di Sabotage dei Beastie Boys che fa esplodere la venue. Vero, forse gli anni si fanno sentire, forse le tonalità nel live vanno un po’ abbassate rispetto allo studio, ma l’attitudine dei nostri inglesi non è intaccata.

Nota positivissima: collocandomi esattamente a metà del pubblico eterogeneo che ho descritto sopra, sia anagraficamente che come gusto personale, apprezzo sempre quando l’elettronica viene accompagnata da una forte componente analogica. Sul palco, strutturato su due livelli, la presenza dei sintetizzatori è senza dubbio massiccia, ma troviamo anche batteria, percussioni, chitarre. Un’altra cosa che mi piace sempre quando accade è la presenza di musicisti polistrumentisti che si alternano e danno il cambio ai vari strumenti. La nota stonata è invece il volume esageratamente basso, con alcuni strumenti che faticavano a spiccare.

Concludo con quello che mi è venuto in mente come risposta al tizio di fianco a me che dopo quella bomba che è stata Sabotage, con un po’ di spocchia che a volte noi “insiders” abbiamo, dice all’amico “Non capisco il senso di questa cover, così fedele all’originale. Ma perché mai?” Amico, perché suonano da 20 anni, sono fighissimamente nerd da 20 anni, e possono fare quello che pare loro, per i prossimi 20 anni.

Monica Bogliolo

Foto: Loris Brunello

setlist:

Huarache Lights

Don’t Deny Your Heart

One Life Stand

Night & Day

Bath Full of Ecstasy  

Flutes

Hungry Child

And I Was a Boy From School

Spell

Positive

Over and Over

Melody of Love

Ready for the Floor

Encore:

Look at Where We Are

Sabotage (Beastie Boys cover)

I Feel Better

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