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GREG HAINES

 Sul crinale tra neoclassicismo e sperimentazione


Come ti sei approcciato alla musica classica e a quella elettronica? Hai una formazione classica?

Non ho nessun tipo di educazione musicale, tanto che non ho mai seguito nemmeno una lezione di pianoforte. Eppure, il mio interesse per la musica classica si è sviluppato in modo abbastanza naturale quando ero più giovane, utilizzando quali punti di partenza autori come Arvo Päart e Steve Reich. A scuola ho avuto un insegnante di musica molto valido, che mi ha fatto scoprire tante cose che ancora adesso amo; mi prestava dei dischi senza dirmi nulla a riguardo prima di ascoltarli, e solo dopo commentavamo insieme il loro contenuto e il modo in cui erano realizzati. Ad esempio, all’epoca la pièce In C(di Terry Riley, ndr) mi colpì in particolar modo come dimostrazione che la musica potesse essere composta in modo totalmente differente rispetto a un metodo classico

Invece davvero non riesco a spiegare da dove nasca il mio interesse per la musica elettronica. Adesso sembra che sia dovunque, non se ne può quasi più fare a meno. Ma sono stato sempre più interessato al vecchio modo di fare musica, prediligendo impiegare nastri e synth dotati di una propria impronta caratteristica, piuttosto che creare tutto in maniera standardizzata al laptop. Di recente mi è capitato di leggere un’intervista nella quale Brian Eno sosteneva che gli strumenti elettronici lo avevano attratto per il fatto che non ci fosse un modo “corretto” di suonarli, in quanto all’epoca la loro tecnologia era così nuova che non ne era stato ancora individuato un modo di utilizzo univoco e quindi si prestava a tanti diversi approcci individuali. Questa stessa considerazione può descrivere almeno parte del motivo per cui amo gli strumenti analogici, perché anche se il loro funzionamento di base è più o meno identico, ciascuno può impiegarli in maniera anche molto differente…

Su Rockerilla di luglio/agosto l’intervista di Raffaello Russo.

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